Tommasi è un cognome abbastanza comune e se lo uniamo al nome Salvatore potrebbe anche dire poco. Ma se trasformiamo il nome di battesimo in Rino non si può non pensare ad uno dei più noti giornalisti sportivi, grande esperto di boxe e tennis, discipline alle quali ha aggiunto in tempi più recenti anche il calcio. Il suo stile è inconfondibile sia quando sta davanti ai microfoni, sia quando usa penna o tastiera. E’ il re della sintesi e delle statistiche, gli bastano poche parole per “tagliare” un discorso con la precisione di un chirurgo. Diventa impresa titanica controbatterlo anche perché non si avventura mai in ciò che conosce poco.
La sua disponibilità all’intervista è un altro punto a suo favore. La nostra curiosità è solleticata da quali differenze e difficoltà può uno spirito eclettico come lui incontrare nello scrivere e soprattutto nel commentare tre discipline diverse come possono essere la boxe, il tennis e il calcio. Tommasi non ha bisogno di riflettere nel rispondere: “Diciamo che il tennis lo conosco per averlo anche praticato. Per quanto riguarda il pugilato pugni non ne ho dati, ma non li ho neanche presi, ma è più difficile e forse mi ha dato maggiori soddisfazioni, almeno come commentatore televisivo. Il pugilato richiede una maggiore attenzione e anche una maggiore assunzione di responsabilità. Io faccio quello che chiamo sempre il mio personalissimo cartellino, poi, mi si permetta una punta di presunzione, i giudici hanno due possibilità: di essere d’ accordo con me o di sbagliare. Il calcio credo di conoscerlo abbastanza bene, anche se non l’ho potuto seguire come il tennis e il pugilato, perché non si possono fare troppe cose. Io credo di avere un vantaggio su chi segue solo il calcio, conoscendo altri sport credo di vedere delle cose che quelli non vedono”.
Qualcuno dice che nella boxe oggi mancano i veri personaggi…
“ Per certi versi corrisponde a verità. Prendiamo come parametro i pesi massimi, la categoria più importante. Abbiamo una situazione che ci riporta ai primi anni ’30, tra l’era di Jack Dempsey e Joe Louis. Infatti in quel periodo non c’è stato un campione dei massimi di un certo valore. E’ stato un momento di depressione non solo economica, ma anche pugilistica”.
In compenso oggi ci sono dei pugili che sanno pubblicizzarsi.
“Nell’era attuale è molto più facile pubblicizzarsi. Grandi match come quelli tra Rocky Graziano e Tony Zale, per esempio, non li ha visti nessuno. Oggi un match del genere in televisione farebbe impazzire la gente. Mike Tyson ha avuto la possibilità di farsi conoscere nel bene e nel male molto più di quanto avrebbero potuto i pugili di un tempo, senz’altro più forti e meritevoli. Tanto per fare un esempio un Joe Louis oggi farebbe felici gli appassionati”.
Internet aiuta la boxe?
“Il fenomeno Internet per quanto riguarda la boxe non è poi così grande. Consente di essere aggiornati, ma il pugilato bisogna vederlo. La gente non si mette a cercare immagini su Internet. Non sono numeri importanti. Numeri importanti li fa la trasmissione in diretta di un grande match. Io ho fatto 6milioni e mezzo di ascolti con Hagler- Mugabi e poi con Hagler-Leonard. Il pugilato oltrettutto ha il vantaggio di essere lo sport più facile da capire visivamente, poi magari c’è gente che sbaglia lo stesso. L’importante è che ognuno abbia la convinzione di poter esprimere un giudizio”.
Impossibile non parlare di Tommasi organizzatore.
“L’ opportunità me la offrì un carissimo amico. Io credo che all’epoca avessi la competenza e quindi insieme abbiamo convissuto questa avventura per circa 10 anni. E’ stato un lavoro che mi ha dato grandi soddisfazioni e nello stesso tempo mi ha tolto il complesso del grande campione. Tanti miei colleghi anche in altre discipline sportive hanno un po’ il complesso del campione. Per me invece non erano più personaggi inavvicinabili, dovevo trattare con loro e discutere”.
La domanda appare scontata ma rivolta a Tommasi può nascondere un’implicazione insospettabile: “In Italia chi è stato il più grande di sempre?”.
“La risposta più ovvia è Nino Benvenuti. Io dico che è stato il più importante, ma secondo me il migliore è stato Bruno Arcari. La stessa cosa nel mondo: Alì è stato senz’altro il pugile più importante, ma forse il più grande è stato Ray Robinson. La verità è che ognuno è campione della sua epoca. La gente ama sbizzarrirsi in raffronti, proprio perché sono improponibili”.
Gli anni ’60 sembrano ancora essere scolpiti nella memoria degli appassionati romani: quale è stato il match capolavoro organizzato dalla Itos?
“Il match capolavoro è stato Burruni-Kingpetch, perché molti ritenevano che non fosse possibile portare a Roma il campione del mondo. Non fu certo una trattativa facile e fu alquanto laboriosa. Il match capolavoro dal punto di vista della qualità dello spettacolo fu quello tra Ted Wright e Langston Morgan. Era il periodo in cui il pubblico diffidava degli incontri tra stranieri”.
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