Il libro si intitola “Legendary hearts” e l’autore è Gabriele Tinti, un critico d’arte. Se uniamo le due cose, ad occhio e croce possiamo tranquillamente dire che non ci interessa, ma non è così perché si tratta di un libro sul pugilato. La traduzione italiana è “cuori leggendari”, anche se l’uso comune avrebbe voluto un titolo come “Pugni leggendari” oppure “Cuore di pugile”. Addentrandoci in una sorta di labirinto, legato alle supposizioni, diciamo subito che se leggendari si addice, dal canto suo la parola cuore esprime un senso metafisico e interiore che la boxe ha, vista, per di più, da un critico d’arte che sa penetrare nell’essenza delle opere, pitture o sculture che siano.
Il libro si presenta con una copertina davvero originale che si avvale dell’illustrazione di un geniale artista contemporaneo come FrankoB ed è introdotto da una prefazione di Nino Benvenuti: un connubio che serve ad integrare indissolubilmente l’arte (FrankoB) e la leggenda (Benvenuti). Il volume, patrocinato dalla FPI, è stato presentato alla Triennale di Milano, quasi in contemporanea con i Mondiali. La boxe vista da Gabriele Tinti, al di là dell’aspetto estetico e formale, provoca sensazioni e stimoli diversi in ognuno di noi. Questa disciplina è nata con l’uomo e ce lo dimostra la letteratura e le sculture antiche, dove i pugili avevano sembianze di dei.
Arthur Cravan, poeta e pugile, personaggio eccentrico, nipote di Oscar Wilde, all’inizio del ‘900 dichiarò candidamente di preferire la boxe alla letteratura, cosa che all’epoca fu giudicata quasi oscena. Ma Cravan era in buona compagnia visto che Jack London proclamava ai quattro venti che era meglio essere campione del mondo dei pesi massimi che Re d’Inghilterra o Presidente degli Stati Uniti. La boxe è stata seguita e trattata spesso da celebri scrittori come Ernest Hemingway, Albert Camus, Eugene O’Neil, George Bernard Shaw, Carol Joyce Oates, Norman Mailer, tanto per fare dei nomi. Eppure tra cotanto senno la frase che più si adatta a questa dura disciplina fu quella di un ispirato George Foreman, ex campione dei massimi: “La boxe è come il jazz. Meglio è, meno la gente l’apprezza”.
Nel libro si parla di grandi campioni, protagonisti nel bene e nel male di quella che fu considerata la Nobile Arte. Il pugile quasi sempre viene considerato un eroe (Primo Carnera, Sonny Liston, Jacke La Motta, Nino Benvenuti, George Foreman, Tiberio Mitri). Con l’autore la boxe acquista una dimensione insospettabile, ma proprio perché è insospettabile, forse per la prima volta, leggendo questo libro, riusciremo a spiegarci perché si sale sul ring e si combatte. Una spiegazione la diede pure il grande Ray Sugar Leonard: “ Vorrei che i miei combattimenti fossero visti come pezzi di teatro”.
“Legendary hearts”, edito da Damiani, è un’opera di cultura che fa “a cazzotti” con lo sport e alla fine del round ti accorgi che c’è un solo vincitore ed è Gabriele Tinti.
Ho letto questo libro un paio di mesi fa e devo dire che è molto interessante e fa riflettere.Indubbiamente è uno sport che merita la risposta data dall’autore.
sembra interessante. La copertina è assolutamente d’impatto…