di Giuliano Orlando
Si è conclusa la terza tappa del Golden Belt Series, ideata dall’Iba, allestita a Marrakesh in Marocco, presenti 28 nazioni per gli atleti con 119 iscritti, 19 nazioni e 82 atlete. Prima di entrare nel dettaglio della rassegna, due risultati meritano il punto esclamativo. Nei 70 kg. femminili, la mozanbicana Helena Panguane, argento ai mondiali 2022 a Istanbul, battuta dall’irlandese O’Rourke, ha vinto il Golden Belt a spese della russa Anastasia De Murchian, 18 anni, argento europeo jr. 2020, campionessa russa e grande speranza, ma incapace di tenere il ritmo imposto dall’africana, che a 29 anni, ha raggiunto il top della condizione, allenandosi anche in Europa. Potrei sbagliare ma una campionessa russa battuta da un’africana non era mai accaduto. L’altra impresa, su piano tecnico decisamente superiore, l’ha compiuta un azzurro, il campione europeo dei massimi, Aziz Mouhiidine, nato a Solofra provincia di Avellino il 6 ottobre 1998, papà marocchino e mamma salernitana. Nella terra del papà ha compiuto l’impresa di battere in modo netto il cubano Julio Cesar La Cruz (33 anni), un mito assoluto, due ori olimpici e cinque mondiali, sia pure in fase calante, ma sempre in grado di mettere a frutto arte e mestiere. Personalmente non mi è mai piaciuta la sua boxe, spesso irritante e antispettacolare, anche se i risultati mi hanno sempre dato torto. In verità la vittoria di Abbes l’avrebbe meritata ai mondiali di Belgrado nel novembre 2021, quando i giudici premiarono il cubano, che in realtà aveva perduto dall’azzurro. Ricordo che nell’occasione sia l’atleta che il c.t. Renzini, accettarono l’ingiustizia, commentando che si trattava solo di un rinvio. Avevano ragione, anche se resto dell’opinione che ai mondiali, Aziz meritava l’oro. Stavolta la superiorità dell’italiano è stata costante e il cubano non è stato mai in grado di replicare. Neppure nella prima ripresa, concessa al cubano da quattro giudici, ennesima dimostrazione della sudditanza psicologica. Accanto all’oro di Abbes si affianca quello di Sirine Charaabi nei 52 kg. che ha vinto ben quattro incontri sempre 5-0. Per l’azzurra un successo importante, battendo in semifinale la romena Gheorghe e la spagnola Gonzales che aveva eliminato la kazaka Urakbayeva. Tutte dominate. Argento per Olena Savchuk nei 54 kg. – giunta in finale superando la spagnola Madueno a la romena Perijoc, oro europeo a Madrid 2019 – battuta per l’oro dall’esperta kazaka Shekerbokova, 33 anni, bronzo mondiale in carica, brevilinea che unisce arte, mestiere e astuzie. Aiutata dall’arbitro giordano che ha lasciato fare all’asiatica una boxe dove le sventole hanno dominato. Bronzo alla Canfora (63), subito battuta dalla mancina russa Sychogova, 23 anni dal ritmo forsennato, vincitrice del torneo, davanti alla kazaka Abikeva. Le altre italiane si sono fermate prima del podio. Roberta Bonatti (48) subisce l’ennesima ingiustizia, stavolta contro la giovane Liu Chien-Ling di Taipei, premiata con un 3-2 ingiusto, battuta in finale dalla kazaka Balkibekova. Irma Testa (57) è uscita subito contro la russa Liudmilla Vorontsova, che aveva già battuto in diverse occasioni. La vice iridata 2019, ha imposto un buon ritmo al quale l’azzurra ha replicato bene, ma i giudici quasi unanimi hanno premiato la russa, che in finale ha ceduto in modo netto contro la longilinea kazaka Ibragimova, bronzo iridato che in semifinale ha dominato la pluricampionessa mondiale (2018-2022) Lin Yu-Ting di Taipei. Alessia Mesiano (60) si è fermata subito, incapace di reggere il ritmo della Golubeva, 18 anni, europea jr. nel 2020, tritasassi che non conosce la marcia indietro, ignorando la difesa. Per l’oro ha superato in modo dubbio Wu Shih -Yi di Taipei, più tecnica. Il Kazakistan si è presentata nelle 12 categorie femminile, col meglio in assoluto, quasi tutte presenti ai mondiali di Istanbul 2022, dominando il torneo con 5 ori, 2 argenti e 3 bronzi, distanziando la Russia nel complesso deludente, con soli tre ori, tre argenti e altrettanti bronzi. La campionessa europea (2018) e del mondo (2019) Paltceva ha perso dalla kazaka Kyzaibay in finale. La Chumgalakova, europea 2019 fuori in semifinale contro l’altra kazaka Balkibekova. Significativo che nelle quattro categorie più pesanti, solitamente dominate dalle russe, l’abbia spuntata solo negli 81 con la Medenova. La Serbia ha portato una sola atleta nei 60 kg., l’ex russa Natalia Shadrina, 32 anni, che vanta un primato particolare, ha preso parte agli assoluti russi dal 2011 fino al 2018, sette edizioni, cogliendo sei argenti e un bronzo, mai l’oro. Dal 2019 fa parte della squadra serba, eliminata all’esordio agli europei di Budva 2022.
In apparenza, trionfale il bilancio russo tra gli uomini, che ha portato tutti e 13 gli iscritti sul podio, con 9 ori, 3 argenti a 3 bronzi. In verità erano assenti tutte le nazioni più forti a cominciare dall’Uzbekistan che ha scelto il Bocskai a Debrecen in Ungheria per spostarsi poi a Sofia in Bulgaria allo Strandja, dove sarà presente anche l’Italia. La compagine russa ha portato i campioni nazionali in carica che dopo un anno, tornavano a combattere fuori dalla patria, grazie al presidente dell’IBA, il russo Umar Klemlev, che dopo alcuni tentativi andati a vuoto, ha ottenuto dal Comitato Esecutivo il placet per il ritorno alle competizioni di Russia e Bielorussia. Da valutare quanto la decisione abbia conseguenze da parte del CIO, che sembra sempre più deciso ad escludere la boxe ai Giochi di Los Angeles 2028. E che da Tokyo ha tolto all’IBA l’organizzazione delle qualifiche per i Giochi. Tornando a Marrakesh, la presenza maschile oltre alla Russia era imperniata sul Marocco (13) padrone di casa, Azerbajan, Spagna e Jordania (10) che pur con tutta la buona volontà non potevano essere in grado di reggere la sfida con la Russia. Il resto era affidato a Italia e Congo (6), Indonesia, Libia ed Ecuador (5), tutte le altre nazioni comprese Francia, Romania, Brasile e le africane si sono presentate con pochissime unità. Cuba ha inviato Lopez Cardona e Julio La Cruz, titolatissimi ma battuti in finale. Tornando alla rassegna, definibile campionato russo open. I nove i vincitori: Khodoian (48), Egorov (51), Dvali (54), Shumkov (60), Mamedov (63,5), Susolin (75), Khataev (80), Ataev (86) e Karnukaev (+92). Semmai sorprende che gli azeri Rustanov (57) e Isgandarov (67) abbiano battuto Savin e Idigov e ancor più che il jordano Eashsh abbia stoppato Sviridchenkov. Nei 92 kg. la Russia ha portato Gadzmagomedov, passato pro, argento 2017 e oro europeo 2019, argento ai Giochi di Tokyo sconfitto da La Cruz, contro il quale sperava di ottenere la rivincita. Il confronto bis ha ripetuto il risultato dei Giochi, confermando i limiti tecnici del russo. Nei 57 il campione italiano Francesco Iozia, dopo aver battuto l’indonesiano Udin, si ripeteva contro il mozambicano Sigauque e in semifinale lottava quasi alla pari con l’azero Rustanov, vincitore del torneo. Salvatore Cavallaro nei 71 kg. contro il congolese Kulenguluka, ha gettato al vento l’opportunità di salire sul podio. Dopo aver fatto contare l’avversario si gettava avanti alla ricerca del KO, senza curare la difesa, finendo a sua volta centrato dall’africano picchiatore puro, come ha dimostrato lungo il torneo arrivando all’argento. L’altro Salvatore Cavallaro (75), più esperto e quotato è arrivato alla finale battendo prima il libanese Dawku e poi Mohamed delle Comores, con uno spettacolare KO al primo round. In finale ha lottato alla pari col russo Susolin, dovendo anche lottare con l’arbitro oltre che con i giudici. L’emiliano Diego Lenzi (+92) al debutto internazionale aveva iniziato davvero bene, riuscendo a spuntarla contro il più quotato azero Abdullayev. In semifinale trova il croato mancino Pratlijacic, più alto e rapido di braccia. Giostra bene nella prima ripresa che vince 5-0, poi si lascia trascinare dal temperamento e finisce sul sinistro del rivale che lo mette al tappeto. All’8’’ è in piedi, ma l’arbitro marocchino Soudan, dice stop e il medico sale sul ring e tira l’azzurro con forza ad un braccio per farlo uscire dal ring. Una scena incredibile, visto che Lenzi non era certo in difficoltà. Un bronzo agrodolce, che dovrebbe servire all’azzurro per capire molte cose. La prima è quella di saper ragionare e non essere troppo spavaldi. La terza edizione del Golden Belt IBA è stata sicuramente migliore due precedenti svoltesi in Slovenia e Messico. A Maribor aderirono 16 nazioni per un totale di 71 atleti fra uomini e donne, presenti in solo 14 categorie delle 25 previste. La Bulgaria colse 4 ori seguita da Armenia (3-2-4), Mozambico (3-1-2), Spagna (2-3-1), Ungheria (2-2-2), Austria (1-1-0), Serbia (2-1-4), Croazia (1-1-0), Francia (0-2-0), Slovenia (0-0-5), Ecuador (0-0-2), Lussemburgo, Hong-Kong e Olanda un bronzo. La Serbia, la cui nazionale è infarcita di pugili provenienti dalla Russia, ha conquistato l’oro con due ex-sovietici, il campione d’Europa Abbasov (71) e Fedorov (67). Non meno deludente l’edizione messicana a Guadalajara di novembre. Presenti Messico, Taipei, Barbados, Austria, T & Tobago, Algeria, Tunisia e Cuba con i plurititolati Lopez Cardona (80) e Julio La Cruz (92) che con pochissima fatica raccolsero i 4000 dollari di premio. 58 presenti suddivisi in 19 categorie, una media di 3-4 per ciascuna. La terza edizione ha trovato una maggiore attenzione anche se appare emblematica l’assenza di Algeria e Tunisia, nazioni vicine. Il fatto più clamoroso riguarda il ritorno della Russia, dopo lo stop del CIO per l’aggressione all’Ucraina. Il ritorno della nazione col più alto numero di iscritti, significa soprattutto l’esclusione di tante altre nazioni dal successo e la rinuncia di molte a prendere parte ai campionati di categoria e anche ai tornei, come era avvenuto prima del blocco per l’invasione dell’Ucraina. Per capire la forza d’assieme basta conoscere il numero dei campionati in Russia. Dagli scolari (10 anni) agli assoluti, sono almeno una quarantina. Il CIO a tempi brevi dovrà confermare o meno l’iscrizione del pugilato ai Giochi di Los Angeles 2028. Diversi membri del CIO, sostengono il presidente Thomas Bach, tedesco, in carica dal 2013, per la cancellazione della disciplina, una delle più storiche presente ai Giochi, mentre americani e in parte asiatici e africani propendono per offrire un’ennesima opportunità all’IBA, per mettere a posto le voci negative, in particolare la finanza più trasparente, la situazione arbitri e giudici, infine la governance proposta dal gruppo del professor Hass, che chiede dal 2021 un cambio di cultura.
Salvo cambiamenti, quest’anno si dovrebbero tenere le elezioni IBA per il rinnovo delle cariche. Purtroppo il rischio di una scissione appare concreto. Con quali conseguenze è da capire. Intanto a Cracovia in Polonia, dal 23 giugno al 2 luglio scatta il cammino verso Parigi, con la diminuzione dei maschi, da otto a sette categorie. A Pechino 2008 erano 11, a Rio 2016 solo 10, ridotte a 8 a Tokyo, a Parigi solo 7. Mentre salgono le donne. A Londra 2012 e Rio 2016 erano 3, a Tokyo 5 e a Parigi arriveranno a 6. A Parigi 124 uomini e altrettante donne. L’Europa ha diritto a 44 atleti equamente divisi
Questi i posti maschili (16 nei 51 kg, nei 92 kg e nei +92 kg., 18 nei 57 kg, 20 nei 63,5 kg e 71 kg, 18 negli 80 kg.). Le sei categorie donne. 50 kg, 54 kg, 57 kg e 60 kg. (22); 66 kg e 16 nei 75 kg. (20). Le altre sedi. L’America (22 ottobre-5 novembre) a Santiago, del Cile, nel corso dei Giochi Panamericani. L’Oceania (19 novembre-2 dicembre) a Honiara nelle Isole Salomone, ai Giochi del Pacifico. L’Asia (23 settembre-8 ottobre) ha scelto Hangzhou in Cina, ai Giochi Asiatici. L’Africa sceglierà i suoi primi titolari nel corso dei Giochi Africani ad Accra nel Ghana dal 4 al 19 agosto. Nel 2024 si concluderanno le qualificazioni con due raggruppamenti mondiali. Nel primo si assegnano 28 ticket maschili e 21 alle atlete. Nel secondo 20 agli uomini e 23 alle donne. In entrambi i tornei ogni nazione può iscrivere solo un atleta nelle categorie nelle quali è ancora esclusa. La Francia che ospita l’evento ha diritto a 6 posti (3M/3F), Infine l’Universality Places, formata dagli esperti scelti dal CIO, dispone di 4 pass maschili e 5 femminili.