di Michelangelo Anile

Abbiamo incontrato Manuel Ernesti a Fiumicino nella storica palestra “Sordini Boxe” in via Portico Placidiano (Isola Sacra) per una breve intervista.

Ti chiediamo innanzitutto una personale presentazione.
“In questo momento ricordo solo il nome, Manuel.  Sto scherzando…anche il cognome, Ernesti.  Sono nato il 12 agosto 1986 ad Ostia e come vedi sono giovanissimo… Sono residente  ad Acilia in via  G. Molteni 227 e sono accompagnato da una numerosa famiglia, mio padre Maurizio, mia madre Elvira, mio fratello Marco , mia sorella Alessandra, la mia compagna Veronica. Mi manca solo un cagnolino e poi …siamo al completo!

A parte… prendere pugni, di che cosa ti occupi?

“Esatto. A parte prendere pugni e tirarne qualcuno, mi diletto nella moda e nello spettacolo, organizzo eventi e…senti questa…poso come modello per abbigliamento intimo. Che paradosso! Un pugile che… posa!”

Perché hai scelto il pugilato e non la moda?
“Vedi, io ero un ragazzo troppo vispo e il pugilato era l’unico mezzo con il quale mi potevo rasserenare. Ho iniziato a quattordici anni per crearmi uno spazio personale, anzi una personalità, per dire al mondo intero che io c’ero, esistevo. Non  avrei mai pensato al pugilato come una professione. Sono salito sul ring dopo appena tre mesi di palestra. Ricordo con affetto il mio primo insegnante Maurizio Vilella al quale devo molto e naturalmente colui che poi mi ha adottato e tutt’ora mi sopporta, il M° Luciano Sordini che affettuosamente chiamo… “Sensei”. Così in punta di piedi ho intrapreso la carriera dilettante fino a disputare 86 incontri dei quali settantadue vinti, dodici persi e due pari. Poi le indimenticabili trasferte con relative medaglie d’oro come le tre Six Nation Cup, in Inghilterra, il Campionato Italiano e soprattutto ricordo di aver sconfitto l’attuale campione  Natan Claverly. Non male eh!”

Ma c’è qualche aneddoto che ha segnato in qualche modo la tua carriera sportiva?
“Ce ne sono tantissimi ed è vero una cosa che…il treno nella vita passa solo una volta. All’età di diciotto anni mi vide combattere  a Londra un certo …Frank Warren…sono tornato in Italia e …  ho perso il treno. Almeno,  spero che adesso sentirà parlare di me! Poi c’è un altro capitolo che scotta: le fiamme oro. Chiaro, se potessi tornerei indietro per una vita tranquilla ed uno stipendio fisso, ma le scelte fatte sono una conseguenza dell’età”.

Poi la scelta di passate professionista. Come è maturata?
E’ stata una scelta oculata in accordo con il mio M° Sordini. Nell’ottobre 2008 ho affrontato sei riprese contro Alessandro Segurini. E’ stata un’emozione indescrivibile. Il professionismo è il sogno di ogni pugile, è un mondo particolare, è uno spettacolo sportivo di alto livello contenutistico, è adrenalinico, è emozionante e per tutto questo, talvolta,  gioca brutti scherzi.

A proposito di professionismo. Quali sono i tuoi  pugili preferiti?
“Rimango nei nostri tempi e non mi tuffo nel passato. Fra tutti Maywheater  Floy  -Money-  per il carisma ed una boxe  davvero straordinaria. Come uomo, invece,  voglio  ricordare Giovanni Parisi,  campione e pugile inimitabile.”

Parlando di campioni come Parisi e Maywheater, quali sono i tuoi progetti legati al pugilato?
Diciamo subito una cosa.  Primo, non bisogna mai montarsi la testa. Secondo, bisogna sempre percorrere una carriera sportiva in maniera oculata e mai farsi prendere dall’entusiasmo. Terzo….non ricordo il terzo punto!  Vedi che prendere i pugni non fa bene alla salute? Comunque, rimanere con i piedi per terra…sempre!  Con il mio procuratore Davide Buccioni e con il mio M° Sordini stiamo valutando il da farsi. Ma non c’è solo il pugilato nel mio futuro ma, per esempio,  una famiglia tutta mia”.

In questo tuo percorso sportivo e umano chi  senti più vicino a te?
“Sicuramente mio padre. Io dipendo completamente da lui, se è nervoso io sono nervoso, se è felice io sono felice e così via. Ogni suo complimento o critica nei miei confronti vengono  dal suo cuore. Io non posso fare altro  che ascoltarlo e seguirlo. Poi il M° Luciano Sordini, il secondo padre, l’uomo che segue la mia carriera da vicino, la mia grande  guida nel mondo del pugilato. Infine la mia compagna Veronica che soffre  e gioisce insieme a me tutte le vicende sportive e non.”

Ci sono dediche particolari che vorresti fare?
“Sicuramente dedico tutto al pugilato. Poi  a tutte le persone che mi sono accanto e in particolare alle Ernesti Girl e Ernesti Boy, un gruppo meraviglioso sempre presenti a bordo ring. Ed un ricordo va anche al tifoso più importante  che oggi non c’è più ma di certo vede tutti i miei match: mio nonno. L’ultima dedica la faccio a me stesso perché sudo in palestra,  prendo tanti  pugni, non mi riposo mai  e non esco mai di casa la sera tardi (…magari quest’ultima  è una bugia ma la scriviamo lo stesso per finire l’intervista)”.

Di Massimo