franco-falcinelli.jpgPresidente, quali sono i punti di forza del pugilato italiano? E i punti deboli?

L’appartenenza al movimento olimpico ed il quarto posto nel medagliere del CONI rappresentano riferimenti doc nella tabella dei valori e del prestigio sportivo di una Federazione Sportiva. I punti deboli sono rappresentati dalla carenza temporanea e, forse, anche ciclica sia nel settore della boxe olimpica che nel settore della boxe professionistica.

Un passato glorioso e un presente che cerca di ristabilire il ruolo centrale di una disciplina che vanta numerose e nobili risorse, sia in campo sportivo che culturale. Quali sono gli spazi comunicativi su cui può contare la FPI e come riconquistare, al pari degli altri sport, la scena mediatica?

Ci stiamo impegnando, senza poter investire adeguate risorse nel settore della comunicazione. Oggi possiamo contare solo sulle nostre risorse federali che sono: Boxe Ring, il sito internet federale e BoxeRingweb che proprio in questi giorni ha raggiunto il record storico di contatti 14.500 provenienteti per il 70% dall’Italia e per il 30% da tutto il mondo. Ci sta molto vicino la Gazzetta dello Sport, la RAI con RAI Sport Satellite, Mediaset con “Italia 1”, Sportitalia e La 7. IL Corriere dello Sport e Tutto Sport, purtroppo, si occupano solo dei grandi eventi. Le testate giornalistiche territoriali dedicano ampi spazi agli eventi pugilistici e spesso vengono trasmessi anche dalle TV locali. Per riconquistare la fiducia dei grandi mezzi di comunicazione è necessario riproporre il pugilato spettacolare di alto livello con incontri credibili e con atleti che siano personaggi popolari.

Dilettantismo e professionismo: due facce di una stessa medaglia ma di due leghe diverse. Per dare omogeneità, in termini di valore, ad un bene così prezioso qual’è la strada da seguire?

La nostra Federazione, come poche altre nel mondo, è da questo punto di vista esemplare. C’è una contiguità naturale tra il dilettantismo ed il professionismo. I rapporti tra gli Organizzatori sono talvolta poco idilliaci, ma quando si tratta di perseguire grandi obiettivi si riesce quasi sempre a trovare gli accordi giusti.

La figura del campione attrae da sempre intere generazioni. Da tecnico azzurro ed ex-pugile ci sa dire come si diventa campioni?

Qualcuno dice che campioni si nasce. In parte è vero, ma anche i grandi talenti se non sono seguiti con saggezza e competenza spesso rischiano di non raggiungere le mete più alte. Personalmente, mi sono impegnato a completare e perfezionare le qualità di molti talenti. I risultati potevano essere molto più prestigiosi, ma ho preferito meno medaglie e tutte pulite e degne dello spirito olimpico.

Tra gli obiettivi maggiori le Olimpiadi di Pechino 2008. Un percorso ad ostacoli che vale la pena percorrere. Come?

Le Olimpiadi sono appuntamenti molto difficili. Pechino appare, senza dubbio, tra le più difficili per i nostri colori. Comunque, possiamo contare su atleti di ottima esperienza e buona qualità come Alfonso Pinto, Domenico Valentino, Clemente Russo e Roberto Cammarelle che hanno già disputato le Olimpiadi di Atene.

Mostre, film, libri, eventi e pubblicità. Il pugilato oggi come non mai sta vivendo una seconda giovinezza culturale e sociale: merito dei suoi intramontabili valori? Quali?

Quando nel 2001 fui eletto Presidente della FPI insieme al Consiglio Federale, mi proposi di modificare il profilo culturale del pugilato. Si dovevano abbattere alcuni persistenti tabù per modificare gradualmente l’immagine, lo stereotipo del pugilato nell’opinione pubblica. Un fondamentale obiettivo fu raggiunto, anche grazie all’intervento dell’On. Bellillo, Consigliere federale, con l’avviamento del pugilato femminile. Un secondo, significativo obiettivo, fu il varo dei Campionati Universitari e quindi l’apertura delle nostre gloriose palestre all’attività amatoriale. Oggi registriamo un incremento della pratica sportiva del 108%. Le palestre sono piene e l’interesse per la pratica del pugilato ha contagiato molte scuole di ogni ordine e grado ed anche vasti settori delle Forze Armate. Siamo, inoltre, molto soddisfatti per una new age del cinema, dei libri, delle mostre legati al pugilato che ci procura una forte pubblicità ed un favorevole ritorno d’immagine.

Ma chi sono i praticanti di questa disciplina? I numeri alla mano parlano chiaro: molti i tesserati ed un’affluenza nelle palestre sempre più alta. Chi può praticare la boxe e perché?

Le motivazioni che spingono alla frequenza di una palestra di pugilato sono molteplici. Il mito della forza fisica e morale che emana il ring attrae quei giovani che legano all’edonismo i loro sogni di protagonismo nella società. Ci sono poi tanti giovani che hanno bisogno di conquistare autostima e di fiducia in se stessi ed altri che invece hanno bisogno di scaricare l’aggressività superflua sui sacchi, sullo sparring partner e sull’avversario. Fra quest’ultimo alcuni avvertono anche il bisogno di tentare la strada del successo economico ed attratti dalle “borse” dei grandi eventi percorrono la irta strada del professionismo. Infine la larga fascia di frequentatori della palestra che non salirà mai sul ring. Il beneficio della preparazione atletica che si ottiene con l’allenamento propedeutico al pugilato è molto efficace ed oggi con la conquista delle pari opportunità anche le donne possono beneficiarne.

In base alla sua esperienza, come definirebbe in “2” parole il pugilato?

La boxe è uno strumento pedagogico di alto contenuto formativo ed educativo. E’ uno sport olimpico e per pochissimi può rappresentare un obiettivo per diventare ricchi e famosi.

Per informazioni sulla FPI: www.fpi.itwww.boxeringweb.it