di Michelangelo Anile

Scan3Facciamo un passo indietro. La tua infanzia e poi il pugilato.
Sono nato a Udine il 19 dicembre 1979,  ma  all’età di un anno mi sono trasferito  a Roma per vivere con i miei nonni paterni  e  mia zia.  Causa di tutto, la separazione dei miei genitori . Posso affermare che non solo sono cresciuto con i miei nonni Felice e Isabella , ma loro sono stati i miei veri genitori.  Mio padre lo vedevo una volta l’anno e mia madre… non l’ho più vista. Anzi, a dirla tutta, l’ho  conosciuta solo tre anni fa!  A Montesacro ho passato la mia infanzia dove vivo tutt’ora. E crescendo in una borgata romana,  avevo assunto un atteggiamento spavaldo,  altezzoso, sempre con la sigaretta  in bocca.  A 16 anni comincio a praticare il pugilato , ma solo a 18 capisco il vero  significato della parola “dedizione ” e   apprendo   tutti gli insegnamenti dei maestri Guido Fiermonte  e Alberto Mancini nella palestra Boxe Villada.   Oggi,  grazie  ai maestri  Franco Federici e Antonio Zonfrillo nella palestra  della Vigor Perconti, , miglioro quotidianamente la mia boxe.   Il pugilato ha illuminato un’infanzia abbastanza oscura.

Cosa hai trovato nel pugilato che non hai avuto dalla vita?
Ti rispondo con una frase : -i pugni non fanno tanto  male quanto la consapevolezza di sentirsi  soli nella vita-.  Ho sempre avuto dentro di me,   la voglia di cancellare la mia infanzia, la mia triste storia, di gridare al mondo tutta la mia rabbia.  Ma   ho capito che stavo perdendo tempo, che mi stavo piangendo addosso, che avevo assunto il ruolo di vittima.  Mi sono rimboccato le maniche ed ho iniziato ad affrontare la vita attraverso gli insegnamenti del pugilato,  cioè con  coraggio, con  passione,   con sacrificio.  Ricordo con emozione  le parole  dell’amico Giovanni Capranica,  che oggi non c’è più,  che  mi diceva: -non perdere tempo, ma  affronta la vita a muso duro-!

Da dilettante sei passato professionista nel 2007. Un salto qualitativo o un salto… nel vuoto?
Per quanto mi riguarda è stato un salto qualitativo, anche se tanti miei amici sono finiti nel vuoto. Io ho avuto la fortuna di incontrare maestri di pugilato che mi hanno sempre consigliato il meglio e  oggi ho un procuratore come Cherchi Salvatore e il figlio Cristian che seguono la mia carriera in maniera impeccabile. E’ chiaro che alla base di tutto c’è il pugile, il valore tecnico dell’atleta, il sacrificio e la dedizione in palestra.  Anche la fortuna gioca un ruolo importante.

Quali consigli potresti dare ad un giovane che si avvicina al pugilato?
Innanzitutto di avere una grande passione per questo sport .  Bisogna amare il sacrificio, il sudore, l’odore acre della palestra e  bisogna credere a quello che si fa perché prima o poi i risultati arrivano. Secondo, bisogna essere umili nell’apprendere gli insegnamenti dei maestri  ed essere uomini in tutte le occasioni, soprattutto in caso di sconfitta. Ma bisogna essere uomini  anche fuori il ring poiché non è la stessa cosa fare a pugni in  la palestra  e fuori in strada.  E aggiungerei ancora una cosa  in  gergo pugilistico: – bisogna avere fegato!-.   Solo attraverso  il coraggio si può  combattere le proprie insicurezze e da queste che un pugile deve partire. Questo  ho provato sulla mia pelle.

Nella tua categoria, pesi medi, l’attuale campione d’Italia è Gaetano Nespro.  In classifica generale,  segue  Signani,  Barone e poi Blandamura.  Ipotizzeresti una finale  per il titolo italiano  proprio con l’amico  Ottavio Barone?
Innanzitutto stimo Ottavio come amico e soprattutto come uomo. Ho tantissimi ricordi che mi legano a lui, primo fra tutti la preparazione atletica  nel 2006 per i campionati italiani a Milano  dove arrivai in finale contro Dicorcia.  Per  la città di Roma  rappresenterebbe un grandissimo evento pugilistico, simile a quello che è stato fra Di Silvio e Califano. Ma devo essere sincero, non ci penso affatto poiché  il  procuratore  Cherchi  segue la mia carriera e sceglie  il da farsi . Di fatto, se dovessi fare il titolo contro Ottavio, nel ring lo affronterei  come atleta, fuori sempre e solo come grandissimo  amico.

Ma quali sono i tuoi obiettivi?
Come ogni atleta che si rispetti, mi preparo tutti i giorni in palestra per raggiungere il massimo risultato negli incontri  prefissati  per esprimere  al meglio la mia boxe.  Dopo 44 incontri da dilettante e 10  da professionista vorrei raccogliere qualcosa di prestigioso da aggiungere al mio palmares. Titolo italiano? Titolo mondiale?   Il Team Cherchi  saprà offrirmi le migliori chance.

Perché  il soprannome di Sioux?
Ho conosciuto la storia degli indiani d’America  leggendo alcuni libri. Sono rimasto affascinato  con quanto amore  considerino la terra, l’uomo, la vita. Un popolo che ha sofferto  la guerra eppure un popolo di pace, di valori, di alti significati morali.  Attraverso i Sioux, ho capito che l’uomo è soltanto un nome  che si pone dinanzi alla vita per rispettarla, per trovare una simbiosi, una  perfetta   coesistenza attraverso valori quali l’umiltà, il rispetto, l’amore, la condivisione, la generosità, il coraggio. Dai Sioux a Blandamura il percorso è tracciato: io come uomo rispetto tutto ciò che mi circonda ma non mi appartiene: per questo devo amarlo  e rispettarlo. Il possesso è il lato negativo dell’azione.

Personaggi, luoghi , fatti che hanno segnato le tappe della tua carriera.
Dovrei citare tantissime persone.  Capisco che è impossibile. Allora inizio subito dalle persone che mi hanno dato la possibilità di crescere e che mi hanno saputo amare in maniera incondizionata: nonno Felice, nonna Isabella e zia Teresa. Poi le persone che mi hanno dato le basi del pugilato e soprattutto mi hanno educato come atleta: i maestri Guido Fiermonte e Alberto Mancini. Adesso i maestri che attualmente  mi seguono  come atleta e come uomo: Federici  Franco e Antonio Zonfrillo.  Poi  tutti coloro che seguono la mia carriera professionale e che non potrei fare a meno: Salvatore e Cristian Cherchi. Infine tutti quelli che gravitano intorno a me  quotidianamente: mia cugina Talat Zarbafian,  Paolo Sonny, Massimo Agostino, Chiachiararelli Fabio, Alessio Smeriglio, Emanuele Della Rosa, Massimo Barone, Marinelli Giorgio, Gianluca Tamburrini, Domenico Spada, Pasquale Di Silvio, Angelo Palma e l’agenzia  E.K.S.  Particolarmente, mio padre Nicola e soprattutto la mia ragazza Claudia.

Di Massimo

3 pensiero su “Pugilato: Intervista a Emanuele “Sioux” Blandamura”
  1. sei sempre il migliore cugi lo sai…è vero anche se nn ci vediamo spesso t voglio tanto bene….se non sbaglio nn hai avuto modo di parlare delle tue origini e i tuoi valori lucani e pugliesi che brillano sul ring

  2. anche io ho letto questa bellissima intervista. spero che da questo sport e dalla vita tu possa ottenere la felicità e la gloria che una persona come te merita.
    in bocca a lupo

  3. E’ appena un anno che ti conosco e l’unica cosa sincera che posso dirti e’ che sei una persona speciale e ti meriti tutto quello che di buono ti potra’ offrire questa vita… Con affetto e molta stima Tezzuia

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