Quella dell’ 8 ottobre al Palalido di Milano avrebbe dovuto essere la serata delle “Due Corone” e invece è stata la serata che ha segnato la fine dell’era di Giovanni “Flash” Parisi. Il calabrese di Voghera, al confine dei 39 anni, ha subito una dura sconfitta ai punti di fronte a Frederic Klose, detentore europeo dei welter.
Prendo in prestito una frase di Rino Tommasi, che di boxe se ne intende e che ha il potere di scrivere in maniera scarna e incisiva come un epitafio: “La notizia di un pugile che abbandona l’attività è sempre una buona notizia, quella di un pugile che vuole riprenderla è sempre una cattiva notizia”.
Il rientro di Parisi, per la verità, parte dal 2003 con la cadenza, non molto convincente, di tre vittorie su illustri sconosciuti. Le sconfitte mondiali subite per ko ad opera di Daniel Santos e “Bolillo” Gonzales avevano condensato in negativo la carriera di un grandissimo campione, che aveva dominato la scena mondiale a partire dal 1989, dopo che nell’88 conquistò un’incredibile medaglia d‘oro alle Olimpiadi di Seoul. La boxe italiana si attaccò a questo ragazzo, un po’ bastian contrario e sindacalista, un po’ guascone ma profondamente umano, che ne diventerà il traghettatore per quasi 12 anni.
Giovanni, con il viso martoriato dai colpi di Klose, vista la disperazione nel volto piangente del figlio Carlos, ha detto basta dopo 47 combattimenti, di cui 12 per il titolo mondiale (+ 41, 29 per ko, – 5, =1). Il Palalido che lo vide scendere vittorioso al termine della grande battaglia contro Sammy Fuentes, lo ha visto scendere, 10 anni dopo, triste e sconfitto da un pugile che il Parisi di allora avrebbe battuto con una mano sola.
La legge del ring, per quanto spietata, non può cancellare lo spirito di un giovane che, pur di partecipare alle Olimpiadi, scese di categoria nutrendosi a pane e ananas; Giovanni continuerà, infatti, a stare nel mondo della boxe non più sul ring ma come protagonista dietro le quinte.