di Giuliano Orlando   

Il Torneo Strandja di Sofia, giunto alla 71° edizione viene considerato una delle rassegne più importanti nel panorama europeo, con una storia di presenze e vincitori di assoluto prestigio. Peccato che abbia qualche peccato dal quale sembra impossibile emendarsi, il punto più negativo è quello dei verdetti casalinghi. I giudici restano ammaliati dall’atmosfera che avvolge la capitale per cui i pugni dei bulgari valgono il doppio, un tributo che spesso cambia la sostanza dei match. Non solo i giudici, nel match tra l’azzurro Di Lernia e il bulgaro Kirkorov, il medico di servizio chiamato a valutare la ferita al sopracciglio del bulgaro, dopo averla ricoperta di pomata ci passava sopra la vasellina! Per farlo smettere, Giulio Coletta ha dovuto chiamare l’arbitro, che faceva finta di non vedere. Nonostante il supervisor fosse stato avvisato, non è successo nulla. Tornando ai giudici, lungo il torneo si sono visti cartellini da brivido. In semifinale il bulgaro Pentaleev nei 91 kg. contro l’ucraino Marton, disputava un match indecoroso, fatto di spinte, abbracci e colpi scorretti, ma 3 giudici lo premiavano, mandandolo in finale, per vincere l’oro, visto che lo spagnolo Reyes risultava inabile al match. Il fatto che delle otto finali maschili, ben tre non si sono disputate, significa pur qualcosa. Che gli arbitri permettendo tutto, facilitano ferite e fratture. Sicuramente hanno ricevuto ordini severissimi di non fare richiami, per cui abbiamo assistito ad ogni tipo di scorrettezze, ignorate dal referee. Facendo scadere spesso i match a risse di strada. Infatti, il livello medio è risultato più modesto del solito. La finale dei medi tra l’ucraino Khyzhniak, oro mondiale 2017, europeo in carica 2018-2019, una macchina da pugni impressionante e il bielorusso Pankov, è stata una vera mattanza, che sia il medico che l’arbitro avrebbero potuto fermare dopo due round a senso unico, con Pankov ferito e gonfio di pugni. Invece hanno fatto proseguire una punizione inutile. Anche questa è stata la dimostrazione delle mediocrità del settore.        L’Italia maschile si è presentata con otto pugili, reduci dallo stage a Colorado Spring (Usa), dove avevano svolto lavoro di potenziamento, guidate dal c.t. Giulio Coletta e Sumbu Kalambai, oltre al fisioterapista Marcello Giulietti. Stavolta, a differenza di precedenti tornei, dove l’azzurro latitava, la squadra ha conquistato un oro e due bronzi con molti rimpianti, come ci spiega il responsabile Coletta. “Se pensiamo che l’unico azzurro capace di vincere l’oro, in tutta la storia del torneo, era stato Clemente Russo nel lontano 2006, essere riusciti riportarne uno sul podio più alto significa pur qualcosa. Francesco Maietta, che nel 2015 aveva conquistato il bronzo europeo, per lungo tempo non credeva più nei suoi mezzi e si allenava senza entusiasmo. Adesso ha ripreso fiducia in se stesso e siccome ha talento è vinto un oro molto importante, sapendo soffrire ma soprattutto reagire e far meglio dell’avversario. Se pensiamo che ha battuto l’irlandese Clancy e due bulgari, prima Djurov e poi dominando Boyan Asenov, uno degli idoli di casa, favorito assoluto, completando il trionfo contro il campione indiano Mohamed, dobbiamo dare atto al campano di essere sulla buona strada per sperare di arrivare a Tokyo”. Clemente Russo ha disputato un ottimo torneo e a giudizio unanime non aveva perduto in semifinale. “Clemente è sulla buona strada, sorteggio permettendo, per disputare la quinta olimpiade, sta arrivando alla condizione che lo ha portato a Londra e a Rio. In effetti non aveva affatto perso contro l’ucraino Rogava che nonostante i 30 kg. in più era stato anticipato nelle due riprese conclusive dal nostro. Peccato perché in finale avrebbe sicuramente potuto battere Latipov, targato Bahrein ma russo di nascita, e ripetere il trionfo a distanza di 16 anni. Purtroppo trovi sempre tre giudici che l’azzurro non lo digeriscono, come è stato nei medi per Cavallaro (75) contro il francese Fendero e scopri che il giudice indiano segna 8-10 contro, quando altri hanno il vantaggio per l’italiano, qualche dubbio ti viene. Un altro 3-2 molto dubbio quello di Aziz nei 91 kg. anche se è doveroso ammettere che l’azzurro non farà strada solo tocchettando, senza affondare i colpi. Cappai (52) ha disputato un buon match contro Oliveira, ma gli è mancata quella decisione che ha invece mostrato il brasiliano. Di Lernia (63) era partito bene superando l’irlandese Kelly unO quotato e altrettanto bene aveva battuto Kirkorov, altro beniamino locale. Purtroppo è andato in confusione contro l’ucraino Kharts, che non era proprio male, visto che ha vinto il torneo. Mangiacapre deve risolvere i problemi fisici per poter dare il meglio, diversamente sarà dura sperare nella qualificazione”.                                                                                                                                              Nel 2019 allo Strandja, l’Italia al femminile riusciva per la prima volta a conquistare l’oro con Valentina Alberti nei 64 kg. Stavolta le quattro azzurre presenti guidate da Emy Renzini, Maurizio Stecca e Laura Tosti all’angolo, hanno fallito il podio, anche se questo non significa delusione totale. Nei 51 kg. l’abruzzese Olena Savchuk era partita bene battendo l’irlandese McCnaul, ma si svegliava forse troppo tardi contro la moldova Coroli nei quarti, perdendo (3-2) l’occasione del podio. Diverso il discorso nei 69 kg., riguardante Sabrina Er Raquioui, classe 2001, al primo anno da élite, che all’esordio batteva la russa Anastasia Sigaeva una delle favorite e nei quarti finiva alla pari con la polacca Karolina Koszewska, oro ai Giochi europei di Minsk 2019, vincitrice con un 3-2 molto dubbio. Due sconfitte di misura e non di 5-0, come pubblicato. Nei 60 kg. hanno combattuto Valentina Alberti e Alessia Mesiano, la prima superata dopo aspra lotta dall’ucraina Hanna Okhrei, mentre l’ex iridata 2016, dopo aver sconfitto Sadiku  Donjeta del Kosovo, sosteneva una prova orgogliosa di fronte alla finlandese Mira Potkonen, che alla soglia dei 40 anni, si conferma dominatrice della categoria, anche se in finale con l’irlandese Kellie Harrington, già iridata, non aveva vinto. Indicata come la migliore fra le donne. Il bilancio finale al femminile premia gli USA che vincono meritatamente tre ori sui cinque in palio. Con la Fuchs (51), la Naomi (75) e la Oshae (69), ripescata dalla giuria d’appello, dopo che quella ufficiale aveva assegnato la vittoria, guarda caso, alla bulgara Yonuzova (4-1). Completando la serie di verdetti sballati, di cui sono state vittime l’ucraina Kob contro la bulgara Dimitrova, la polacca Kruk con l’ucraina Tsyplakovam decisamente raccomandata, vista battere in finale la Medina (Usa) tra la sorpresa generale. Solo qualche esempio, di una fioritura di errori che dovrebbero preoccupare e non poco le Commissioni addette. Invece la confusione regna sovrana come il silenzio-assenso dei responsabili. Nel medagliere l’Italia maschile è giunta terza tra 14 presenti sul podio e 35 nazioni al via. Solo Ucraina (3-1-4), Bulgaria (3-0-1) hanno fatto meglio, precedendo Francia (1-0-1), Bielorussia (0-2-1), Spagna (0-2-1), India (0-1-1), Bahrein (0-1-0), Georgia (0-1-0), Brasile (0-0-2), quindi USA, Svezia, Finlandia e Israele con un bronzo. Tra le donne, trionfo degli USA (3-2-0), a seguire Ucraina (1-0-1), Finlandia (1-0-0), Francia (0-2-0), Irlanda (0-1-1), Bulgaria (0-0-3), Polonia (0-0-2) e India, Svezia e Moldovia con un bronzo. Presenti 33 nazioni.                                                                                                                                                                        

Di Alfredo