Come migliaia di italiani appassionati di pugilato sabato 17 marzo ho potuto gustare dal primo all’ultimo gong sulle frequenze di Sportitalia lo splendido match di cui sono stati protagonisti Silvio Branco e Giacobbe Fragomeni. E’ stato davvero uno spettacolo che è andato al di là di ogni più ottimistica previsione per intensità agonistica, pregio stilistico e continuità atletica. E mi è parso di capire che il successo di pubblico non sia stato da meno, così come l’interesse che i media hanno mostrato verso l’evento. Di questo naturalmente va dato ampio merito alla Lega Pro Boxe, che sta risvegliando interessi sopiti, ed all’organizzazione Opi 2000 che continua a proporre cartelloni di indiscutibile interesse.
Quello che mi preme sottolineare in questa circostanza, però, è la nuova tendenza abbracciata da qualche tempo dagli organizzatori italiani. Lasciando da parte miopi interessi di bottega, essi stanno presentando con sempre maggiore frequenza incontri fra pugili italiani di buon valore. Per anni ci hanno propinato match fra promettenti ragazzi nostrani e illustri “carneade” stranieri che si risolvevano in puntuali delusioni, dimenticando che il pugilato professinistico dev’essere innanzitutto spettacolo. Il tutto pur di non rischiare di macchiare il record dei propri amministrati. E questo è stato innegabilmente uno dei motivi – se non il principale motivo – che ha allontanato vieppiù dalla boxe pubblico, televisioni, sponsor. La fusione delle figure di organizzatore e manager ha poi fatto dilagare questa tendenza ammazzando defintivamente ogni interesse intorno alle riunioni. E’ stato come mettere assieme le anime di guardia e ladro: da che mondo è mondo, i migliori incontri sono scaturiti dai litigi fra la figura “protettiva” del manager e quella “amante del rischio” dell’organizzatore. Ne guadagnava anche il pugile che accettando il rischio veniva compensato con borse più laute.
Da un po’ di tempo dunque stiamo tornando a questa formula tradizionale attraverso i match fra italiani di cui Branco-Fragomeni è solo uno degli esempi più significativi. E questa si sta già rivelando la strada maestra per ridare interesse, spazi e risorse ad uno sport di grandi tradizioni anche da noi, ma che qui sembrava ormai in via di estinzione.
Naturalmente questa è soltanto una delle direttive che possono riportare il pugilato italiano non dico ai fasti dei tempi d’oro di Loi, Cavicchi, Benvenuti, ecc., ma almeno ai livelli di altri paesi europei. Il che mi sembra fondamentale per scatenare un po’ di entusiasmi e galvanizzare tutto l’ambiente e dintorni. Come già dimostrano i primi benefici effetti.
Grazie per l’ospitalità
adriano cisternino
Foto di Marco Chiesa