CAGLIARI, aprile 2012 – Chi lo avrebbe detto, poco più di tre anni fa, che quel ragazzino mingherlino che stava iniziando a frequentare la palestra dell’Accademia pugilistica “Franco Loi” avrebbe preso parte alle olimpiadi di Londra 2012 nei kg 49? E invece Manuel Fabrizio Cappai, liberandosi della luce riflessa derivatagli dall’essere figlio di Fabrizio Cappai, è riuscito a brillare di luce propria in tempi brevissimi. Tanto da sorprendere tutti, compreso papà Fabrizio che, pure, di dilettanti se ne intende per aver sfiorato egli stesso la partecipazione alle Olimpiadi del 1988 a Seul e per essere diventato un insegnante nella palestra nella quale è cresciuto, la stessa A. P. “Franco Loi”, sotto la guida di Marco Scano. Da pugile, Fabrizio combatté anche da professionista, conquistando il titolo italiano dei pesi piuma e battendosi con il messicano Manuel Medina per il titolo mondiale IBF della categoria nel 1992 a Capo d’Orlando. In ricordo di questa chance iridata (purtroppo fallita) egli volle dare al figlio il nome del suo avversario mondiale insieme al suo, quasi a volergli trasmettere le sue potenzialità fuse con quelle del forte rivale. Il ragazzo deve ancora crescere tanto, ma sotto le cure del proprio genitore e di Marco Scano (a sua volta olimpionico a Città del Messico nel 1968 e poi campione d’Italia e d’Europa a torso nudo), ha compiuto passi da gigante, applicandosi con ammirevole serietà e mostrandosi più maturo dei suoi diciannove anni. “Credo – dice papà Fabrizio – di aver costruito un po’ un mio sosia nel modo di combattere. Manuel sa leggere il match con furbizia e sul ring riesce a essere freddo e deciso. Nel pugilato sta mettendo impegno e passione, e questi sono i risultati”. Entrato ben presto nell’orbita della nazionale, Manuel Cappai ha dimostrato di essere un talento in evoluzione, con una classe e un estro non comuni. E così, di match in match, è arrivato a competere nel torneo Aiba di qualificazione olimpica di Trabzon, in Turchia, con l’obiettivo di aggiudicarsi uno dei quattro posti ancora a disposizione nella sua categoria. Sul ring del palazzetto “Hayri Gur Spor Salonu” due strepitosi successi, sull’armeno Soghomonian e sul polacco Maszczy, entrambi esperti e temibili, sono bastati al campione italiano dei minimosca per guadagnarsi il pass per le olimpiadi di Londra. Non solo, ma quando quest’estate salirà sul ring della “Excel London Arena” per gareggiare nei kg 49, il boxeur di Quartu Sant’Elena (Cagliari), con i suoi 19 anni, sarà il più giovane pugile olimpionico italiano di tutti i tempi. Con grande soddisfazione anche della boxe sarda che, grazie a lui, dopo 24 anni riprenderà a essere rappresentata alle olimpiadi. L’ultimo pugile olimpionico isolano in ordine di tempo era stato, infatti, il mosca Andrea Mannai nei Giochi di Seul. Il ragazzo, dimostratosi il boxeur più tecnico ed elegante della sua categoria di peso, avrebbe voluto vincere il torneo invece di fermarsi alla medaglia di bronzo, ma il diavolo ci ha messo la coda. “Dopo il match con Maszczy – rivela Manuel – mi è sopraggiunto un dolore al braccio destro che mi ha condizionato nella semifinale con Aleksandrov. Il destro non mi partiva; vedevo arrivare i colpi, li schivavo ma non riuscivo a rientrare. In pratica, ho combattuto solo con il sinistro. Nonostante ciò, sono convinto di non aver perso contro il pugile bulgaro. Mi sta bene anche così, ma solo perché mi ero già qualificato. Per questo, Aleksandrov lo voglio incontrare di nuovo, e non è detto che ciò non succeda già sul ring di Londra”.
Anche il turco Pehlivan, che si è aggiudicato l’oro, è parso alla tua portata.
“Si. E’ bravo, ma essendo il pugile di casa, nel corso del torneo è stato un po’ aiutato. In finale contro Aleksandrov ha vinto soltanto per 10-9. Avrei affrontato tranquillamente lui e anche l’avversario che ha battuto in semifinale, l’irlandese Barnes, un fighter aggressivo che sembra fatto su misura per la mia boxe. Più difficili erano sicuramente Soghomonian e Maszczy. Soprattutto il polacco, uomo di punta della sua squadra, aveva nettamente il pronostico dalla sua parte. Il suo team è rimasto deluso perché, con i suoi 28 anni e tutta la sua esperienza, si è fatto eliminare da un ragazzino di diciannove anni per lui sbucato fuori dal nulla”.
Quali sono i tuoi impegni più immediati?
“Tra breve andrò in Canada per disputare uno o due match. Si è pensato anche di farmi combattere in Ucraina, ma non ci andrò per non correre il rischio di stressarmi. A Londra è meglio che arrivi ben preparato e riposato, perché la posta in palio è alta”.
E certamente vorrai dire la tua…
“Proprio così. Sono entrato nel mondo olimpico e ciò significa che adesso dovrò vedermela con i migliori pari peso in circolazione. Questo però non mi spaventa, anzi mi motiva ancora di più; farò tutto ciò che sarà in mio potere per non rientrare a mani vuote e per non deludere il mio team che crede in me”.
Che effetto fa essere diventato olimpionico alla tua età?
“Bellissimo. E’ una soddisfazione grandissima per me e anche per mio padre che alle olimpiadi di Seul non è stato inviato nonostante lo meritasse. Andrò a Londra con grande gioia e cercherò di farmi onore non solo per me, ma anche per lui e per il pugilato italiano”.
E ai tuoi tifosi che messaggio mandi?
“Li ringrazio per avermi seguito e incoraggiato. In tanti mi hanno scritto anche su “Facebook”, comunicandomi la loro fiducia. Penso di non averli delusi e prometto loro che cercherò di non deluderli neppure in seguito”.
Il dodicesimo olimpionico (contando anche la partecipazione di Franco Udella a due edizioni olimpiche) della storia del pugilato sardo è in arrivo; sarà con Cammarelle, Mangiacapre, Parrinello, Picardi, Russo e Valentino, uno dei magnifici sette boxeur italiani che saliranno sul ring di Londra. Speriamo che, oltre che sulle loro buone qualità, essi possano contare anche su un pizzico di fortuna.
GIUSEPPE GIALLARA
Foto di Marcello Giulietti