Che fosse un match terribilmente difficile lo sapevamo un po’ tutti, ma la grande stima che tutti in Italia avevamo e abbiamo per Leonard Bundu in qualche maniera ci faceva aggrappare a quella che noi chiamiamo speranza. In America invece le scommesse non lasciavano scampo con quote basse addirittura per i primi sette round, come se la vittoria prima del limite da parte di Errol Spence jr. fosse scontata. Tutti allarmi forti che noi sfuggivamo. Ma nonostante l’inizio di fuoco di Bundu che costringeva l’avversario sulla difensiva, pian piano la situazione diventava un libro stampato, anche se il nostro pugile replicava gagliardamente senza mai lasciare il dominio a Spence. Il texano guadagnava round dopo round punti utili da mettere intanto nel carniere, nello stesso tempo dava una chiara dimostrazione di non essere solo un picchiatore come testimoniano le sue 17 vittorie prima del limite, ma di avere chiari i concetti fondamentali della noble art. Una difesa attenta impenetrabile, favorita da braccia dure come il ferro che formavano una sorta di scudo davanti al volto. Nonostante questo un Bundu, per fortuna al meglio, in qualche occasione è arrivato a segno. Ma trovare la corta distanza pian piano diventava un rischio maggiore, perché oltrettutto Spence sapeva districarsi bene pure nello spazio di un fazzoletto, segno di maturità non indifferente. Un labirinto da cui era impossibile uscire senza il filo conduttore di un ko, di un colpo della domenica sconosciuto nel menù di Bundu. Il match era seguito con interesse dal numeroso pubblico presente  all’Anfiteatro Ford di Coney Island. La differenza di età (15 anni a favore di Spence) di potenza e di struttura fisica erano mitigate dalla bravura di Bundu, pugile che in America ricorderanno per due sconfitte scontate, ma tutt’altro che noiose. L’epilogo è avvenuto al VI round con Spence che caricava i suoi colpi costituiti da un destro apripista e da un sinistro devastante. Già nel round precedente Bundu aveva lasciato cadere la dentiera, forse il primo segnale che qualcosa non andava. Nel VI Bundu era costretto sulla difensiva senza avere più possibilità di replicare. Un gancio corto metteva il nostro al tappeto, caduta interpretata dall’arbitro come una spinta, ma al rallenty si vedeva bene un montante pesante come un mattone, nell’azione successiva Spence portava una serie di tre colpi iniziata con il gancio sinistro e conclusa con il gancio destro. Un ko brutto a vedersi che lasciava tutti con il fiato sospeso. Bundu rassicurava tutti rispondendo bene alle domande dei dottori. Una volta in piedi andava a complimentarsi con il suo vincitore, gli applausi sono andati anche a lui per aver fatto capire ancora di più di trovarci di fronte a un campione che potrebbe prendere il posto di fuoriclasse lasciato vacante da Floyd Mayweather.

(al. br.)

Di Alfredo