Andrea Scarda (+ 12, = 3, – 7), 16 anni, è una delle rivelazioni del boxing laziale. Entra in palestra, la Phoenix Gym, per irrobustirsi, per autodifesa e si ritrova in breve tempo a trasformare quasi in oro tutti i tornei a cui partecipa: cominciando dagli Schoolboy per arrivare quest’anno al Campionato Junior che si è disputato a Roccaforte Mondovì, dove veniva superato dall’altoatesino Zeus Pasquale. La sua è una boxe essenziale, ma non per questo meno efficace. Margini di miglioramento imperscrutabili, vista la sua giovane età.
Come ci sei arrivato alla Phoenix Gym ?
“Più o meno tre-quattro anni fa. Ho iniziato come una sorta di autodifea. Dopo è subentrata la passione, anche perché io non pensavo di arrivare a questo livello. Il maestro ha visto in me un potenziale, ha avuto fiducia e mi ha trasmesso fiducia”.
Cosa fai nella vita?
“Sto ancora studiando”.
A scuola che dicono?
“I professori sono contenti, anche i miei amici e i miei compagni sono contenti. Io sono una persona discreta, un po’ schivo a cui non piace propagandare l’attività sportiva, le sue vittorie”.
Qual’è stato il giorno più amaro?
“E’ stata la finale dei Campionati Italiani Schoolboy del 2012. Il verdetto non è stato giusto, era un pari, e la vittoria è stata assegnata all’avversario per differenza punti”.
La più grande soddisfazione?
“L’ho avuta quest’anno a luglio quando ho pareggiato con Caredda, un pugile molto bravo che aveva ottenuto il bronzo agli europei”.
Come ti definisci?
“Mi considero un tempista, mi piace anticipare il mio avversario. Però, quando capita, non mi tiro indietro con gli scambi, di fare a cazzotti insomma”.
Lo segui anche al di fuori il pugilato?
“Si abbastanza”.
Il tuo pugile preferito?
“Il mio idolo è Pacquiao: è veloce e aggressivo, non si tira mai indietro”.
Sei superstizioso?
“Abbastanza. Non passo sotto la scala, il gatto nero che attraversa la strada. Le solite cose”.
Che cosa ti dà il pugilato?
“Una grande soddisfazione”.
Caratterialmente ti fa bene?
“Sì, mi rende più sicuro, mi dà motivazioni forti. Ti fa accettare il sacrificio per raggiungere le tue mete”.
A casa che dicono?
“Non sono d’accordo che io pratico questa disciplina, perché lo ritengono uno sport violento, ma rispettano la mia decisione e l’ appoggiano”.
Come avviene il tuo approccio al match?
“Inizialmente soffrivo molto d’ansia, poi dopo una decina di match ho acquistato più sicurezza ed è diventata quasi una passeggiata con meno emozione”.
E’ cambiato qualcosa in te visti gli ultimi buoni risultati?
“Sinceramente non posso dare una risposta. Seguo la mia strada e vedo dove posso arrivare”.