Incontriamo Giovanni De Carolis (+ 20, 10 per ko, – 5) dentro la palestra della Team Boxe Roma XI dove ancora qualche volta viene ad allenarsi, portando con se alcuni giovani della sua palestra di Mazzano. Dopo la positiva prova in Germania contro Abraham si sono perse le tracce del giovane supermedio, l’occasione diventa ghiotta per saperne di più in un periodo in cui i nostri professionisti girano il “mondo” in cerca d’avventura.
“Sono in attesa di proposte. Spero di avere l’opportunità di battermi per un titolo italiano oppure a riprovare a livello internazionale con qualche bel match- esordisce il pugile romano- Si cerca un avversario per la riunione del 15 marzo. Giulio Spagnoli mi ha garantito che a maggio avrò un avversario importante”.
Adesso cosa fai?
“Ho aperto da tempo una palestra a Mazzano e per fortuna lavora molto. Mi dà la possibilità di allenarmi e di allenare un bel gruppo di agonisti, una decina, che porto spesso qui alla Team Boxe Roma XI. I ragazzi hanno modo di allenarsi con altri, un motivo per crescere e acquistare più sicurezza”.
Hai qualche rimpianto riguardo al tuo ultimo match con Abraham?
“In un certo senso si, col senno del poi riguardando il match mi sono reso consapevole di essere stato troppo prudente. Noi sapevamo benissimo che Abraham è uno che se ti prende, o all’inizio o alla dodicesima ripresa, fa male, è sempre pericoloso. Io mi ero prefissato di fare alcune cose contro di lui. Tre le ho fatte, ma non sono riuscito a fare quella più importante. E’ stata una questione di “testa”, forse mi mancava l’abitudine a quel tipo di ambiente”.
Cioè?
“Mi ero prefissato di non dargli mai un bersaglio fisso, di essere il più mobile possibile e di non fermarmi alle corde, però dovevo cercare di rientrare coi colpi, cosa che ho fatto poco. Saltuariamente sono riuscito a prenderlo, e ho notato che quando era attaccato si trovava in difficoltà nel rimettere i colpi d’incontro. Di questo non ho approfittato. A volte lui si scopriva e potevo colpirlo tranquillamente, ma non l’ho fatto. In sostanza ho cercato solo di non farmi colpire, ad onor del vero non ho mai sentito uno che fa così male quando arriva a segno. Però ho avuto sempre la possibilità di recuperare, perché ha bisogno di pause”.
Hai fatto la tua esperienza, ma soprattutto hai visto che potevi stare là a combattere con un avversario di valore mondiale…
“Il rammarico è di non aver fatto quello di cui sono capace e che era nelle mie possibilità. Quando sono entrato nell’ Arena è stato un impatto impressionante mettendo a confronto le riunioni che si svolgono in Italia, siamo ad un livello nettamente superiore, quasi scioccante, per di più contro un simile avversario”.
Tu hai anche affrontato in passato un pugile del calibro di Bursak recente campione d’Europa, sia pure destituito, considerato ai primi posti nel ranking mondiale…
“Quando ho affrontato Bursak ero agli inizi e in quell’occasione è stato fatto il passo più lungo della gamba. Bursak era già un pugile affermato, n. 1 in Ukraina, mentre io avevo fatto solo con dei collaudatori. Comunque quella sconfitta mi aveva aperto gli occhi e fatto capire che avevo tanto da lavorare ancora. La boxe è uno sport dove non puoi improvvisare. Il rammarico è che diventa sempre più difficile organizzare dei match accettabili in Italia. I pugili validi per combattere pretendono giustamente i soldi, ma per salvare la riunione sei costretto ad ingaggiare i collaudatori. Poi quando vai all’estero ti accorgi che c’è una realtà ben diversa e magari prendi la mazzata”.
(Alfredo Bruno)
Foto di Renata Romagnoli