CUBAI pro e i contro del dominio di Cuba. L’edizione 2014-2015 assegna i pass per Rio. Parte l’APB con molti interrogativi. 

di Giuliano Orlando

Anche la quarta edizione delle World Series è entrata in archivio. Con la novità di Cuba, che ha dominato come previsto il torneo. All’Olympic Centre di Baku, in Azerbajan l’ultimo atto per sancire il trionfo dei caraibici. Le cifre sono impietose: 70 incontri disputati e 57 vittorie. Tredici le sconfitte, alcune discutibili. Nei 16 confronti  in programma, ha sopportato un solo insuccesso, nelle qualificazioni contro la Russia a Mosca, peraltro ininfluente, visto che la classifica era già definita. Il 14 marzo scorso, in occasione del confronto con gli USA, nei quarti, disputato al Rockingham Park di Salem nel New Hampshire, non presentava il gallo Marcos Forestal, uno dei giovani più promettenti del momento, in quanto poche ore prima il pugile lasciava  alla chetichella la squadra, diretto in Florida, dove tra non molto debutterà come professionista. L’unica sconfitta per wo, subita dai Domadores. L’operazione Cuba alle World Serie è stata una scelta dell’AIBA, per dare risalto alla manifestazione, mettendo sul ring, se non la più forte in assoluto, una delle prime tre potenze mondiali. Una nazione che per ragioni politiche non ha ancora scelto il professionismo e per motivi economici mantiene a livelli molto bassi i guadagni dei nazionali. L’opportunità offerta è stata una boccata d’ossigeno, oltre che uno sforzo finanziario non indifferente dell’AIBA, considerato che la sola iscrizione, costa alle franchigie non meno di due milioni di euro a testa. Se aggiungiamo le spese di mantenimento per l’equipe, dei viaggi che non sono stati pochi – Cuba è volata sia in Europa che in Asia –  il conto gira attorno ai quattro milioni di euro. Assai vicino ai cinque milioni di dollari. Che abbia stravinto, per assurdo, non è stato un gran bene, come sempre accade quando il divario diventa  stridente. Nella fase finale, ad onor del vero, sono arrivate le quattro più forti, ma per motivi diversi Russia, Kazakistan e Azerbajan hanno pagato il prezzo di impegni collaterali a cominciare dalla presenza dei tornei, per non parlare dell’Ucraina, che ha azzerato o quasi la nazionale col passaggio dei migliori a cominciare da Lomachenko e Usyk tra i professionisti – nessuno ha scelto l’APB -, mentre i caraibici hanno messo sul ring tutto il meglio, dagli anziani ai giovani. Come si è svolta la prima parte è stata già trattata su Sport & Note. La fase a eliminazione diretta, ovvero i quarti, ha visto le previste esclusioni di Germania e Usa, contro Kazakistan e Cuba, stessa sorte per l’Ucraina, che ha pagato il non facile momento politico interno, contro la Russia e dell’Italia di fronte all’Azerbajan, nei quarti. Netta la sconfitta degli Otamans, visto il totale di 8-2 per Mosca, ben più equilibrata la sfida tra Italia e Azerbajan. Disastrosa la trasferta a Quba, con un 5-0 al passivo. Nell’occasione era andato tutto male, dalle sconfitte di Barriga e Djelkhir, molto discutibili,  al ko imprevisto di Clemente Russo di fronte a Abdullayev. Sulla carta il ritorno sembrava una pro forma. Invece a Campione d’Italia i Thunder di Damiani, mostravano i denti e azzannavano con ferocia gli ospiti, che vedevano match dopo match,  erodersi il vantaggio. Dopo tre vittorie, targate Selby, Valentino e Mangiacapre, su rivali di tutto rispetto come Mamishade, Selimov e Nurutdinov, il quarto successo si stava delineando netto con Nistor, che aveva dominato il russo Arslanbek, dal primo al quarto round. Poteva gestire il vantaggio enorme, invece accadeva l’imprevisto: l’ospite trovava il destro della domenica, Nistor finiva kd, si rialzava e commetteva l’imperdonabile errore di voler vendicare l’affronto, scambiando alla cieca. A meno di 30” dalla fine l’arbitro fermava la lotta e l’Italia perdeva l’opportunità di andare all’extra match. Una disdetta. Il 4-1 finale sapeva di beffa. Le semifinali  premiavano Cuba contro la Russia (3-2 e 5-0) nel rispetto delle forze in campo. Tra azeri e kazaki, molto più equilibrio e qualche verdetto discutibile. Dopo il 3-2 ad Astana, con l’acuto di Derevyanchenko – prossimo il debutto negli USA da professionista con la Top Rank – l’ucraino per due stagione stella dei Thunder, costringendo il non certo tenero russo azero Migitinov alla resa al terzo round, decisivo il 4-1 del ritorno in Azerbajan, con i giudici che emettevano verdetti a casaccio. In particolare la sconfitta di Hrgovic il gigante croato nei confronti del russo Murtazaliev con un 2-1 non convincente. D’altronde qualcosa si doveva concedere all’Azerbajan che accettando di ospitare la finale, toglieva all’AIBA le castagne dal fuoco, dopo la rinuncia di Kiev. Anche perché, salvo un miracolo, Cuba partiva strafavorita e quindi il fattore campo poteva incidere ben poco. Come infatti è avvenuto, ma per motivi diversi a cominciare dal precario stato di forma di alcuni cubani e la modestia di alcune seconde scelte. In effetti i due giorni della finale, non eccelsa sul piano tecnico, ha esaltato il pubblico di Baku, visto che si è arrivati all’extra match. Nella prima tornata, Veitia nei 49 kg. cresciuto parecchio dai mondiali di Almaty, ha dato lezione a Nametov, sempre anticipato, come il massimo Savon ha giocato con lo sgraziato Abdullayev, spesso ridicolizzato. Oltre le attese il rendimento del medio Arlen Lopez che non aveva incantato contro Chebatarev nella sfida con la Russia nei quarti. Mentre di fronte al muscolare Musalov, l’ennesimo russo che milita nei Baku Fire, il cubano ha potuto mettere in pratica la sua boxe di rimessa, oltre alla maggiore mobilità, vincendo largamente. Per contro l’altro russo-azero Kurbanov, che aveva sofferto e non poco col francese Djelkhir, contato anche nella prima ripresa, di fronte al mobile ma fumoso Yera, ha comandato a piacere, portando i colpi più efficaci, mentre il cubano spolverava i guantoni e le braccia del rivale, ma di pugni a bersaglio ne metteva pochi.. Come aveva vinto, sia pure di poco Hajialiyev, che mostrava più personalità di Toledo Lopez, una delle colonne cubane, non certo al meglio della condizione, troppo spesso anticipato dalla boxe razionale del rivale. Anche se gli amici di Sky, Giambuzzi e Oliva si esaltavano per la boxe spumeggiante di Toledo, il verdetto non faceva una piega. Conclusa la prima giornata 3-2 per gli ospiti, il turno successivo sulla carta sembrava più favorevole ai cubani. Sul ring è accaduto che Mamishzade, europeo nel 2011 a 18 anni, i due russi Selimov e il gigante pallido Arslanbek Mahmudov, quello che ha rovinato la rimonta italiana, battendo suo malgrado Nistor, hanno offerto prestazioni di rilievo, in particolare i primi due. Il piccolo Elvin ha tenuto il ring con autorità contro Cervantes, sempre in affanno e ancor più Selimov ha offerto un match capolavoro  contro il doppio iridato Alvarez. Per Cuba due vittorie scontate, Iglesias oro di Londra, pur al 50% della forma  e l’altro mondiale mediomassimi De La Cruz, si sono imposti sui bielorussi Nurutdinov e Dauhaliavets. Concludendo con un 5-5 che imponeva l’extra match. Troppo facile per Despaigne, 31 anni, argento mondiale ad Almaty, mettere al sicuro la vittoria contro il biondo bielorusso Romashkevich, di una spanna inferiore. Trofeo e premio (250.000 dollari?) ai figli di Castro. Chiuso il capitolo quarto, la WSB torneranno per l’edizione 2014-2015, ben più importante. Prima di tutto assegna i pass per Rio nel torneo individuale, inoltre dovrà affrontare sia il numero delle franchigie che l’equilibrio geografico. La formula va bene nel momento in cui si creano equilibri. Oggi l’Africa è l’anello debole, ma anche l’America non scherza. Gli USA partecipano non certo col meglio, il Messico resta sempre una nazione che predilige il professionismo e quindi le forze migliori scavalcano l’argine prestissimo. Anche in Asia non va tutto bene. Il Kazakistan aveva iscritto tutti i protagonisti dei mondiali, ma ne ha usato un paio e neppure i migliori. Mancano la Cina, le Filippine, la Thailandia e il Giappone che reputano troppo onerose sia l’iscrizione che le spese di gestione. Ci sono poi contenziosi ufficiali e ufficiosi. Irlanda e Inghilterra fanno parte dell’AIBA, ma sono restie a certe imposizioni. Inoltre, finanziamenti auspicati non sono entrati nelle casse dell’ente mondiale. Tra la fine del 2014 e la metà del 2015, scatta il primo ciclo APB. Stilato il programma che prevede un pre torneo tra ottobre e novembre, le qualificazioni per accedere alla fase finale a dicembre e l’assegnazione dei primi titoli mondiali professionisti AIBA tra gennaio e febbraio 2015. Tutto bene, ma per allestire il tutto occorre un budget piuttosto consistente. Inoltre dove si svolgono questi tornei che dovrebbero espletarsi per categorie. L’Italia pare abbia richiesto quello dei massimi. Si dovranno anche trovare i pugili e non si tratta di decine, ma di centinaia, mentre ci sono le WSB e i vari tornei, compresi i continentali e i mondiali. Una rivoluzione copernicana, che ci auguriamo vada in porto nel modo migliore. Anche se qualche dubbio resta. Uno ad esempio è quello che riguarda il pass per i vincitori nelle WSB. Conti alla mano, Cuba farà incetta e a quel punto, non sarà interessata ai mondiali o manderà le seconde scelte. E’ pur vero che il sistema cubano non lascia autonomia ai pugili, ma sia pure tenuto sottotraccia, i mal di pancia non sono stati pochi. Infine, non sarà il caso che l’AIBA, che intende catalizzare tutto il movimento pugilistico,  abbia messo troppa carne al fuoco e il rischio di bruciare qualche bistecca sia più di una semplice ipotesi

Di Alfredo