di Giuliano Orlando

Libri di Sport: Il campione con le caviglie di cristallo e il fisco alle calcagna – Marco Van Basten – Fragile – Mondadori Editore – Pag.346 – Euro 20.00.

Marco Van Basten, olandese di Utrecht, uno dei più forti attaccanti in assoluto, ha dato addio all’attività agonistica alla fine del 1993, a soli 28 anni, titolare nel Milan dove era approdato nel 1987 dall’Ajax, conquistando tre Palloni d’Oro (1988, 1989 e 1992), tre scudetti, la Coppa Campioni e due coppe Intercontinentali. Con la Nazionale olandese totalizza 58 presenze e 24 gol, vincendo l’oro agli Europei 1988 e il bronzo nel 1992. Dal 2004 al 2008 allenatore degli arancioni. Nello staff di Gianni Infantino, il presidente della FIFA (2016-2018). Nel 1992 viene indicato come il miglior giocatore del mondo, ma la brutale sentenza era già nell’aria. L’ultima partita la disputa il 26 maggio 1993 all’Olympiastadion di Monaco di Baviera, nella finale della Champions League col Milan diretto da Fabio Capello, contro il Marsiglia. Per la prima volta i medici decidono di usare un antidolorifico per farlo giocare. Prestazione incolore e sostituzione a pochi minuti dal termine. Non gli era mai accaduto al Milan. Prima di arrendersi lotta fino al 1995, come lui stesso scrive nel libro “Fragile” con Edwin Schoon e ottimamente tradotto, appena uscito: “Per tre anni ho fatto di tutto per tornare in forma. Veramente di tutto. Molto oltre la soglia del dolore. Tutto inutile. Anzi ero già contento di poter andare a piedi dal fornaio senza sentire troppo male. Ciò mi ha segnato profondamente. Non ne ho mai parlato. Tutti i miei sogni erano svaniti… Per sette anni sono sparito dai radar. Stavo sui campi da golf, con la mia famiglia…. Solo recentemente provo una pace maggiore. Per la prima volta, penso addirittura di avere qualcosa di interessante da rivelare agli altri. Tutto ciò che non ho mai detto. Non risparmierò nessuno. Tantomeno me stesso”.  Talento precoce, indirizzato al calcio da papà Joop, terzino della DOS di Utrecht, che giunse allo scudetto. L’attenzione quasi maniacale del genitore, porta il piccolo Marco sicuramente dotato, a scalare i vertici. A 16 anni titolare nelle giovanili dell’Ajax. L’anno dopo prende parte ai mondiali Under 20 in Messico. Fisico statuario, 1.88 di altezza, veloce e potente, il futuro è tutto suo. Debutta nella nazionale degli Orange a 18 anni, il Milan lo acquista dall’Ajax alla fine del 1987 e col Milan disputa l’ultima partita di una storia finita troppo presto. Come molto presto era iniziata. Ma dietro questa carriera precoce si svolge anche un dramma di famiglia. Il papà di Marco ha attenzioni solo per questo figlio di talento, ignorando sia Carla che Stanley, oltre alla convivenza con la moglie di pura facciata. Spesso a cena venivano fuori i problemi e in particolare il fratello alzava la voce: “Sono anch’io figlio tuo, anch’io gioco al pallone, ma non sei mai venuto a vedermi” e Carla aggiungeva “Sarò contenta quando me ne andrò da qui”. Infatti Stanley va a studiare in Canada, mentre Carla si trasferisce in Italia. Marco confessa: “Mio padre mi concedeva tutto, purché progredissi nel calcio. Viveva solo per quello. Sognava un figlio campione. Allora questo non lo capivo, anche perché il pallone era la mia passione, quindi tutto procedeva per il meglio”. Marco cresce quindi a pane e calcio ed è subito un fenomeno. L’odissea era ancora lontana da venire. Conoscendo il futuro, si potrebbe dire che il primo segnale negativo data al 7 dicembre 1986. Marco giocava nell’Oosterpark e quel giorno la squadra affrontava il Groningen. “Certe partite assomigliano a veri combattimenti. Quel pomeriggio allo stadio c’era anche mio fratello Stanley, che studiava in Canada e non vedevo da anni. Per questo mi impegnai al massimo. In un’entrata in scivolata, mi scontrai con Edwin Olde Riekering. Devo aver picchiato duro, perché il dolore non passava e dopo mezz’ora ho chiesto il cambio”.  Da quello scontro, i soggiorni in ospedale e sale operatorie hanno contrassegnato il cammino di un calciatore che pur operato alle due caviglie e al menisco, ha saputo salire ai vertici assoluti. In questa biografia la narrazione è asciutta e molto realistica. C’è tutto l’uomo prima del giocatore, i successi e i guadagni, i sontuosi ingaggi e anche l’inciampo col fisco olandese, che da falco implacabile lo costringe a multe pesanti, più per colpa dell’agenzia finanziaria alla quale aveva consegnato il ricco tesoro, che alla sua imperizia. O forse, alla fiducia mal riposta. Chiusa la parentesi da calciatore inizia, dopo una lunga pausa di riflessione, quella di tecnico, arrivando alla guida della nazionale olandese. Al contrario di papà Joop, per Marco la famiglia è il bene più prezioso e dal giorno del matrimonio, avvenuto il 21 giugno 1993, sia Liesbeth e i due figli Angela e Rebecca, restano la sua nicchia di serenità. Il porto dove approda sempre. Da uomo maturo, che a 55 anni, dopo aver superato onde alte, ha capito come rientrare sempre a riva.                                                           

Di Alfredo