ANCONA, 29. 09. 2014 – Ennio Galeazzi, 80 anni, da tempo in cattive condizioni di salute, era ricoverato all’Inrca dove il suo fisico non ha retto al male. I funerali si svolgeranno domani mercoledì a Falconara. Ennio Galeazzi è stato nel mondo pugilistico marchigiano una figura fondamentale di una storia gloriosa che ha visto la regione primeggiare negli anni ‘80 con la presenza di campioni, ma anche con l’organizzazione di importanti riunioni che hanno tenuto banco e destato l’interesse della stampa specializzata. Insieme al fratello Giorgio è stato all’epoca una figura di spicco, impersonando per certi versi il braccio e la mente della boxe marchigiana e nazionale. Giorgio, tra l’altro brillante storiografo della boxe, fu presidente di Comitato e Consigliere Federale per lungo tempo. Ennio, carattere schivo, si era dimostrato un manager dotato di un incredibile fiuto nel scovare campioni, un talent scout e nello stesso tempo un artista che completava la sua opera allenando fior fiore di atleti, che da lui venivano forgiati anche nel carattere. Il suo capolavoro fu l’aver trovato, capito e lanciato un certo Sumbu Kalambay, nativo nello Zaire. Il giovane pur avendo fatto una brillante carriera da dilettante nella sua terra, quando arrivò da noi era un illustre sconosciuto e gli inizi, in cui si intravedevano le sue qualità, non furono esaltanti. Poi pian piano in un rapporto di grande fiducia quasi da padre e figlio Ennio riuscì a smussare gli angoli di un giovane che cercava la propria identità e la stava trovando attraverso il pugilato. La storia di Kalambay è ancora fresca nella memoria di tutti, come resta scolpita in molte occasioni l’immagine del suo manager che lo seguiva come un’ombra, cosa che durò fino al 1992. La fama di un nome serve a garantire la validità, ma sarebbe riduttivo nei riguardi di Galeazzi, che oltrettutto fu anche manager dello slavo Slobodan Kacar. Quest’ultimo era un mediomassimo particolare, apparentemente lento ma con pugni pesanti. Nel 1980 aveva conquistato l’oro alle Olimpiadi di Mosca e nel 1983 fece il suo esordio da professionista con all’angolo Galeazzi. Sono sufficienti due anni per portare Kacar al titolo mondiale in una riunione disputata a Pesaro, che all’epoca grazie alla Berloni e perché no alla bravura di Galeazzi era diventata la patria della boxe italiana. Galeazzi non fu solo un maestro e un manager, ma diede anche una mano consistente come organizzatore a fianco di Sergio Cappanera soprattutto per l’attività che si disputava ad Ancona. Sotto la sua guida fecero strada Beya, altro talento zairese, Bingunia, Mudimbi, Bolamba, Diavilla, Dos Santos, Faustinho e altri. Una colonia internazionale la sua, ma ricca anche di ottimi pugili italiani come Consolati, D’Orazio, Mariotti, Martinese.