Heavy-Duty-950x440Martedì 8 settembre 2015 – Una volta, nell’ambiente del pugilato, si diceva che il miglior incassatore è colui che non prende colpi. Questo aforisma si adatta in modo perfetto alle qualità espresse dal pugile inglese Anthony Joshua. Questi, in 13 confronti sostenuti a torso nudo, dalla sera del suo debutto avvenuto il 5 ottobre 2013 all’ultima esibizione fornita il 30 maggio scorso, ha riportato altrettanti successi prima del limite. È stato sul ring per 24 riprese, chiaramente incomplete, con una media decisamente inferiore a 2 round. Il motto sulle qualità dell’incassatore è conforme alle particolarità di Joshua perché il campione britannico in tutte le sue apparizioni ha dimostrato l’attitudine a non essere colpito. Chi come noi ha avuto la ventura di vedere tutti i suoi combattimenti da professionista deve ricordare come l’inglese impone immediatamente la sua boxe lucida, consistente e determinata, fondata sulla superiorità tecnico-tattica, composta ma dura ed efficace, senza fronzoli, saldamente intenzionata a sbaragliare il campo avversario. Tutto questo, in aggiunta alla potenza, elemento indispensabile per un peso massimo che guarda lontano, ha fatto di Joshua un terrificante picchiatore, che fa ben sperare lui e la sua cerchia.

Detto questo, rimane l’indeterminatezza del suo requisito di incassatore, non solo nel significato intrinseco della capacità fisica di reggere il peso di un pugno pesantissimo ricevuto al volto, al capo, ma anche nel concetto viscerale dell’emotività che la circostanza fa scaturire, ovvero l’istinto a superare le situazioni a tinte forti che a volte il pugile è costretto ad affrontare. La storia dei pesi massimi è ricca di episodi in cui al grande e potente pugile è venuto a mancare il mordente per scontrarsi in circostanze avverse, scavalcare la complicazione dell’evento negativo e rimettersi al comando per far valere le sue prerogative. È come se il pugile perdesse fiducia nei propri mezzi e si abbandonasse agli affetti della tempesta.

Vogliamo comunque augurare a Joshua che l’astrattezza qui analizzata non gli appartenga mai. Da dilettante, nel 2009, ha dimostrato di avere lo spirito per continuare, comunque: ha sofferto due atterramenti per mani di Dillian Whyte prima di perdere ai punti. Quella situazione amatoriale, dove si combatteva con il casco, è sicuramente diversa da quella che potrebbe verificarsi nel professionismo.

Fatta questa debita digressione, veniamo all’analisi del match che Joshua dovrà sostenere sabato 12 settembre prossimo nella O2 Arena di Greenwich, a Londra, contro lo scozzese Gary Cornish, 28 anni compiuti lo scorso aprile. Questi ha la statura di 2 metri ed è alto 2 centimetri in più di Joshua. Ha iniziato a combattere come professionista il 18 aprile 2011; fino al 23 maggio passato ha sostenuto 21 confronti, tutti vinti, con 12 attestazioni prima del limite. L’esame di queste cifre porta a considerare come l’espressione pura della potenza è nettamente inferiore ai dati di Joshua: i 12 successi anzitempo su 21 sfide sostenute dichiarano che con il solo uso della potenza ha ottenuto il 57% dei risultati (contro il 100% di Joshua). Di contro è stato sul ring per 93 riprese, chiaramente incomplete (contro solo 24 di Joshua).

Il match tra Joshua e Cornish, valevole per la vacante cintura Commonwealth e per il titolo WBC International dei pesi massimi posseduto dal londinese, è programmato per 12 riprese.

 

La serata londinese prevede altri due confronti di cartello.

Per la massima divisione di peso l’inglese Dillian Whyte, vincitore di Joshua nel 2009 tra i dilettanti, affronterà sulla distanza delle 10 riprese Brian Minto (41-9-0, 26), stagionato americano di 40 anni, per il vacante campionato WBC Silver della categoria.

Minto è reduce dal torneo massimi-leggeri tenutosi il 28 marzo scorso a Christchurch in Nuova Zelanda, dove, dopo due convincenti successi, ha perduto con decisione divisa, nella finale combattuta con Israel Adesanya, nigeriano di 26 anni resistente in Auckland, con un nutrito record di vittorie nella kickboxing. Il confronto conclusivo con l’africano-neozelandese era finito in parità dopo 3 riprese; la necessità di avere un vincitore del torneo ha richiesto una quarta ripresa che è stata assegnata, con verdetto diviso, al pugile locale.

Minto ha combattuto diverse volte in Europa: in Germania, come peso massimo, ha battuto prima del limite Axel Schulz ed ha perso ai punti in 12 riprese contro Lukan Krasniqi, mentre tra i massimi-leggeri si è arreso nel nono round a Marco Huck nella sfida al titolo WBO delle 200 libbre; in Polonia ha ceduto ai punti in 10 riprese al peso massimo locale Artur Szpilka; in Inghilterra ha partecipato al torneo dei pesi massimi tenutosi il 14 novembre 2013 nella York Hal di Bethnal Green, Londra, con la vittoria su Tom Little e la sconfitta contro Michael Sprott, entrambe ai punti sulle 3 riprese.

L’imbattuto Whyte (15-0-0, 12), 27 anni compiuti, è un rispettabile picchiatore con una carriera professionistica costruita con competente abilità, a spese di avversari d’oltre Manica. Nel suo record non figurano nomi di rilievo e Minto sarà il primo tassello, si spera, di una serie meglio qualificata di opponenti. Whyte, londinese di Brixton nato in Giamaica, vive con la visione della vittoria amatoriale su Joshua, il cui spettro lo porta a sperare in un confronto con il vincitore delle ultime olimpiadi. La sfida tra i due è prevista per dicembre prossimo, per cui appare imperativo vincere contro Minto. Prima di dedicarsi a tempo pieno alla pratica del pugilato è stato campione di kickboxing ed in diverse discipline dello sport da combattimenti.

 

Al limite dei pesi superleggeri l’inglese Dave Ryan, 32enne di Derby, concederà la rivincita al connazionale John Wayne Hibbert, 31 anni il prossimo dicembre, per le corone Commonwealth e WBC International, sulla distanza delle 12 riprese.

Ryan (17-8-0, 4) e Hibbert (15-3-0, 9) non combattono dal loro precedente confronto tenutosi nella stessa location il 30 maggio scorso. Il match è stato molto combattuto: Ryan ha dovuto toccare il tappeto due volte, nella terza e quinta ripresa; Hibbert ha subito la stessa sorte nel nono tempo, quando era più affaticato, ed è stato fermato dall’arbitro a 2:00 dall’inizio di quella frazione. In quella occasione Hibbert ha dovuto logicamente riconoscere la superiorità di “Rocky” Ryan, che già lo aveva sovrastato due anni prima in 10 riprese: l’arbitro-giudice unico aveva scritto sul cartellino 97-95 a favore di Ryan. Vedremo cosa sancirà il terzo combattimento.

Primiano Michele Schiavone

Fonte www.sportenote.com

Di Alfredo