di Michelngelo Anile
Presso l’ASD Lupa Boxe abbiamo incontrato Riccardo Lecca, classe 1979, atleta diviso fra K1 e Pugilato. Serio, riservato, professionista dentro e fuori del ring, vive in palestra due volte al giorno , una per la Kick, l’altra per il pugilato. Nella vita si occupa di “Organizzazione Eventi” mondani e sportivi.
“Vivo per lo sport”, ci ha riferito, “mi alleno due volte al giorno dividendo in maniera maniacale le due discipline, la Kick dal pugilato. Il M° Franco Piatti, da sempre il mio mentore, mi segue assiduamente e con professionalità, soprattutto con infinito affetto” .
Eppure Riccardo Lecca non proviene dal pugilato: “Ho iniziato la mia carriera sportiva a cinque anni con il Karate. Solo dopo tanti anni di attesa ho deciso di passare alle maniere forti e mi sono affacciato nella storica palestra dell’Audace dove il M° Piatti mi ha adottato. Avevo 18 anni, tardi per la carriera agonista. Eppure eccomi qui a parlare di pugilato professionista”.
Il passaggio al professionismo è avvenuto per una ricerca di stimoli sempre più profonda e per una decisione quasi obbligata: “Con l’occasione del passaggio al professionismo, grazie anche al promoter Alberto Chiavarini, mi sono creato nuovi stimoli, intanto le borse sono più alte, poi la possibilità di dimostrare che un buon atleta di Kick Boxing può far bene anche nel pugilato. Purtroppo nella Kick il passaggio al professionismo non è sufficientemente tutelato da organi di controllo, per cui molti atleti si definiscono professionisti pur non possedendo le qualità tecniche che il livello agonista richiede. Forse è per questa ragione che molti atleti della Kick vengono giudicati di serie B. E pensare che di pugilato ho sostenuto solo due incontri dilettanti, due pari contro due pugili fortissimi, Capuccio e Velardo!”.
Dunque solo dopo la vittoria del titolo Europeo di Kick si sono aperte le porte per il pugilato professionistico: “Sì, è andata proprio così. Dopo la vittoria del titolo europeo, mi si presentò l’occasione di passare pro anche di boxe, scelta che preferivo, dato che il mio modo di boxare è sempre stato più adatto al professionismo che al dilettantismo. Inoltrai domanda in federazione la quale rispose positivamente alla mia richiesta”.
Tre match da professionista , tre vittorie ed un percorso ancora lungo da intraprendere: “Vero. Soprattutto nel pugilato nessuno ti regala niente. E’ uno sport completo e competitivo. Devi stare sempre al massimo della preparazione e soprattutto bene di testa. Adesso la strada da percorrere è lunga , affronterò tutte le traversie del caso fino a poter raggiungere un titolo, magari quello italiano. I sacrifici , prima o poi, ti premiano. E poi al mio fianco, ha concluso, “c’è sempre mia madre Iside, il mio angelo custode che mi dona sempre la grinta giusta per affrontare tutte le difficoltà del caso”.