di Alfredo Bruno

loi_ortiz2_sized.jpg Un altro grave lutto ha colpito la boxe italiana. Dopo il presidentissimo Ermanno Marchiaro si è spento forse il più grande pugile della storia italiana: il cuore di Duilio Loi all’età di 78 anni ha cessato di battere dopo una lunga e implacabile malattia come può essere il Morbo di Alzheimer. Il triestino da tempo era in cura presso l’Istituto “Padre Pio” a Tarzo e a darne la trista notizia è stata la figlia Bonaria, che gli è stata sempre molto vicina. Duilio Loi è entrato definitivamente nella leggenda e lo fa attraverso la Hall of Fame di Canastota. D’ora in poi il suo nome non è legato solo al ricordo di chi ha seguito le sue gesta ma diventa monumento duraturo anche nei secoli prossimi.


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Scrivendo di Duilio non riesco a togliermi un fastidioso sassolino dalla scarpa se non ne parlo come il più grande pugile italiano di tutti i tempi. Qualcuno sarà pronto a obbiettare che l’Italia dei guantoni ha avuto campioni migliori di lui. Molti stravedono per i Locatelli, i Venturi, i Benvenuti, gli Arcari, gli Urbinati ecc.. Tutte opinioni degne di rispetto, ma la mia convinzione oltre che dalla bravura di Loi, deriva anche dai titoli e dai numeri della sua carriera professionistica. E’ stato, lui con la statura di un peso piuma, campione d’Italia dei leggeri, campione d’Europa dei leggeri, campione d’Europa dei welter e campione del Mondo dei superleggeri(o welter junior come si chiamava allora tale categoria). In 15 anni di carriera professionistica ha disputato ben 126 incontri, pareggiandone 8 e perdendone solo tre, peraltro vendicati nella rivincita. Ha incontrato il fior fiore dei campioni dell’epoca, che sembravano a differenza di oggi nascere come funghi. Parliamo di gente come Glen Flanagan, Ray Famechon, Seraphin Ferrer, Orlando Zulueta, Fred Galiana, Houacine Khalfi, Idrissa Dione, Felix Chiocca, Wallace Smith, Billy Collins, Al Nevarez, Carlos Ortiz, Eddie Perkins. Per non parlare degli italiani: Ernesto Formenti, Mario Ciccarelli, Emilio Marconi, Bruno Visintin, Giancarlo Garbelli, Fortunato Manca. Tutta gente appartenente al gotha del pugilato di tutti i tempi.

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Duilio, come abbiamo già detto aveva l’altezza di un piuma, ma il suo sinistro arrivava sempre una frazione prima del suo avversario. In questo pochi potevano competere con lui se non Visintin, Ortiz, Zulueta. Era l’uomo degli ultimi venti secondi di ogni round con un’incredibile girandola di colpi che frastornava gli avversari. Era l’uomo degli ultimi due round: trovava sempre energie per finire in bellezza. Cambiava tattica a seconda dell’avversario. Eddie Perkins, grande campione americano, lo incontrò tre volte e disse, scendendo dal ring sconfitto: “Io mi sono battuto tre volte con Duilio Loi, ma ho incontrato tre pugili diversi”. Aveva note caratteriali di prim’ordine, probabilmente influenzate dalle sue origini: padre sardo e madre triestina, dai suoi trascorsi giovanili a Genova per poi stabilirsi definitivamente a Milano. Era atleta leale, ma sapeva anche essere scorretto con chi era scorretto con lui; era un tecnico, ma si trasformava in picchiatore spietato con chi lo sfidava con polemiche prima di salire sul ring(Ivor Germain, Fred Galiana, Gordon Goodman).
Tanti gli aneddoti su di lui. Mi piace ricordarne uno che forse serve meglio a identificare il credo di questo grande uomo e atleta. Siamo nel 1951 e Duilio va a Londra per ottenere il lasciapassare per la sfida europea: suo avversario è Tommy Barnham, pugile esperto e di classifica. Prima del match gli inglesi, pur non essendoci un titolo in palio, suonarono l’inno inglese e solo quello. Loi in quel combattimento fu implacabile e Barnham, sconfitto, terminò alquanto provato. Il pubblico sportivamente applaudì Duilio, ma si meravigliò quando vide il triestino sedersi sullo sgabello senza muoversi. La spiegazione arrivò dopo un paio di minuti d’attesa: si sarebbe alzato da lì solo dopo aver sentito anche l’inno di Mameli. Ci furono attimi di sgomento con un frenetico viavai, alla fine spuntò, quasi miracolosamente, lo spartito e fu suonato l’inno italiano con il pubblico in piedi a tributare omaggio.

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Loi entrò nella palestra di Dario Bensi a Genova nel 1945, all’età di 16 anni. Fu l’ex campione Amedeo Dejana che lo convinse a passare professionista con Umberto Branchini(Loi ebbe poi due altri procuratori come Rosario Busacca e Steve Klaus). Il giovane, forte fisicamente, acquistava sempre più la padronanza del ring. Dopo qualche anno si trasferì a Milano dove diventò subito un beniamino e nel 1951 conquistò il titolo italiano dei leggeri battendo Gianni Uboldi. Per la verità la chance del titolo l’aveva avuta l’anno precedente, ma non era riuscito ad andare oltre il pari contro il viterbese Malè.
Il triestino non centellinava certo gli incontri e tanto meno gli avversari fino a diventare lo sfidante del campione europeo Jorgen Joahansen, dal quale fu sconfitto a Copenhagen. Riprese subito quota con belle vittorie, soprattutto quelle ottenute prima del limite su Ernesto Formenti, altro beniamino del pubblico milanese, medaglia d’oro alle Olimpiadi e fino ad allora imbattuto. Ormai non si parlava altro che di questo astro nascente che rivaleggiava in fama con il Milan di Gre-No-Li e con Fausto Coppi. Il 6 febbraio 1954 si prese una delle tre rivincite. Il primo a farne le spese fu Jorgen Johansen che si trovò di fronte un Loi scattante, fresco, cattivo, che dalla quarta ripresa fino alla quindicesima prese il volo per conquistare un titolo europeo che aveva avuto predecessori illustri come Cleto Locatelli e Roberto Proietti. Loi dava l’impressione, match dopo match, di aggiungere qualcosa di nuovo al suo bagaglio tecnico. Gli esperti si sbizzarrirono nel disegnare l’identikit del pugile che avrebbe potuto infastidirlo: corrispondeva perfettamente a Bruno Visintin, vale a dire un tecnico che sapesse usare con velocità e maestria l’allungo maggiore. Loi si battè due volte con lo spezzino e coincidenza( forse destino avverso di Visintin) fu in entrambe le occasioni per la prima difesa del titolo europeo: nel 1954 dei leggeri e nel 1960 dei welter. Loi vinse sempre di misura con qualche perplessità sul verdetto.
Dopo la conquista dell’europeo il triestino fece una tournèe in Australia dove sconfisse gente di primo piano come Ivor Germain, Mario Trigo e Agustin Argote. Con quest’ultimo rischiò di perdere per ferita. Uno squarcio apparve , complice una testata, sul sopracciglio sinistro e ben presto il suo volto si trasformò in una maschera di sangue. Loi anticipò le intenzioni dell’arbitro e suonato il gong prima di andare all’angolo gli chiese per favore di aspettare un altro round. Stavano alla nona ripresa quando una girandola di colpi si abbattè su Argote, che a sua volta finì il round pesto e ferito in più parti. Il match si concluse nelle programmate 12 riprese con vittoria netta dell’italiano. Aldo Spoldi e Saverio Turiello dirottarono Loi, per farlo conoscere al pubblico americano, a Miami Beach dove il 14 gennaio 1955 battè nettamente Glen Flanagan, un outsider di grande esperienza che aveva affrontato i migliori della sua categoria. Loi piacque al grande pubblico ed erano pronti alcuni contratti, ma non accettò per non cadere in mano a personaggi di discutibile fama.
La serie dei successi culminò con la vittoria per l’europeo su Seraphin Ferrer. Era la sera di Santo Stefano e Milano sembrava deserta. I tram si fermavano a richiesta davanti a bar e cinema dove si trasmetteva l’incontro in televisione. Sarà bene ricordare che allora c’erano solo due canali e un ipotetico share sarebbe stato certamente dell’80%. Loi compì un altro dei suoi capolavori, Ferrer che aveva la dinamite in entrambi i pugni non riuscì quasi mai a colpirlo e al contrario dovette incassare colpi impietosi che si abbattevano con frequenza su di lui. Fu in quell’occasione che a Milano nacque il detto : “Natale con i tuoi, Santo Stefano con Loi”.

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Gli americani pur piazzandolo ai primi posti in classifica sembravano ancora snobbare l’italiano. Mancava la consacrazione e questa venne con l’ingaggio di Orlando Zulueta, un cubano evitato da tutti e che nella sua carriera aveva battuto quattro campioni del mondo. Alla quinta ripresa una testata aprì l’occhio destro di Loi, il sangue copioso gli annebbiava la vista e il sinistro eccezionale del cubano, rapido e maligno, sembrava cercare solo l’impatto con la ferita. Fu un incontro drammatico e il risultato era in bilico fino a quando alla nona ripresa Loi sfoderò tutto il suo repertorio. Zulueta fu sballottato da un lato all’altro. Fu una ripresa da due punti e fu decisiva per assegnare la vittoria al triestino. Dopo questo successo divenne subito “re senza corona” e i vari campioni che si alternavano(Wallace Smith, Jimmy Carter, Joe Brown) si guardarono bene dall’affrontarlo.
Loi, però, aveva il suo peggior rivale nella bilancia ed era spesso costretto ad emigrare nella categoria dei welter. Dopo lo stentato pareggio con Mario Vecchiatto passò il Rubicone conquistando la corona europea dei welter e impartendo una dura lezione ad Emilio Marconi che in precedenza aveva pareggiato con lui. La svolta, se così si può definire, della carriera di Loi avvenne nel 1960 con il ripristino della categoria dei superleggeri. Era campione il portoricano Carlos Ortiz, giovane e fortissimo, che aveva battuto prima del limite gente del calibro di Battling Torres e Kenny Lane. Steve Klaus riuscì a concludere la trattativa per il mondiale a San Francisco. Il 15 giugno Loi sale sul ring, nonostante una spalla in disordine, infortunio patito nel match precedente con Giacomo Nervi. Fu sconfitto di misura e Ortiz subì anche un conteggio.
Immediatamente si fece avanti la SIS di Vittorio Strumolo che offrì una lauta borsa a Ortiz per battersi con Loi, descritto come pugile in declino. La sorpresa per Ortiz fu amara e di fronte a più di 60mila spettatori che gremivano la stadio di San Siro perse il titolo ad opera di un Loi preparatissimo, che divenne il terzo italiano a conquistare il mondiale dopo Carnera e D’Agata. La bella si disputò sempre a Milano e il risultato non cambiò, forse ancora più netto a favore del triestino.
 La parabola discendente, camuffata dalla grande classe, era però iniziata per un pugile di 32 anni che aveva affrontato e battuto fior di campioni. Lo si vide nella difesa del mondiale contro Eddie Perkins, un negretto veloce e scaltro. In quell’occasione fu decretato un pari benevolo. Prima della rivincita con l’americano Loi compì un altro capolavoro nei welter, libero da restrizioni di peso, difendendo l’europeo dall’assalto di Fortunato Manca, picchiatore sardo che davanti alla sua gente nello stadio Amsicora di Cagliari fu sconfitto nettamente ai punti e subì per la prima volta l’umiliazione del tappeto. Nel secondo match con Perkins si presentò sul ring milanese la controfigura di Loi che perse il titolo mondiale quasi senza combattere. I sacrifici per rientrare nella categoria lo avevano svuotato. Per un fisico compatto e non alto tre o quattro chili volevano dire molto, trattandosi oltretutto di un uomo goloso e di buon appetito. Per tre mesi dopo l’incontro con Perkins la gente di Milano vedeva correre al mattino tagliando la nebbia il suo grande campione. Lo guardavano tutti in religioso silenzio. Tre mesi di duro lavoro in palestra e fuori, al limite della sofferenza, riportarono ancora una volta Loi al cospetto del suo pubblico. Perkins fu letteralmente “sradicato” dal trono. Tutto partecipò a favore di un grande Loi, che terminò addirittura più fresco del suo giovane avversario.
Dopo questo incontro arrivò a sorpresa la decisione irrevocabile del suo ritiro rinunciando a borse altisonanti che provenivano dal Giappone. Si volle ritirare imbattuto, non voleva che il suo pubblico assistesse ad una debacle come era avvenuto per altri campioni. L’ultima volta che lo intevistai per telefono, una 15na d’anni fa, gli chiesi quale fu l’avversario più duro e difficile(pensando logicamente a Visintin, Ortiz, Collins, Hernandez, Nervaez e Ferrer). Mi rispose a sorpresa: “Il più difficile fu Gianni Uboldi per il titolo italiano. Ricevetti una mazzata alla mascella che mi intontì. Nell’intervallo non recuperai e sul ring vedevo tre Uboldi. Mi concentrai su quello che appariva più scuro. Finalmente la nebbia se ne andò dal mio cervello e vinsi”.

Di Alfredo

5 pensiero su “Requiem per un grande campione: Duilio Loi”
  1. Che dire,so solo che vedere le foto di Loi
    e di Steve Klaus,mi porta indietro di 50 anni:
    Ricordi sfumati ma indelebili…dalla lontana
    Puglia fino a Milano per vedere il match titolo
    mondiale al Vigorelli di Loi contro Carlos Ortiz,e il match fu rinviato per la pioggia…
    Poi da ex pugile dilettante fui allievo di
    Steve Klaus che tenne un corso di insegnante
    a Bari dove a conclusione dello stage fui promosso Aspirante Insegnante di boxe e mi fregiai
    dei complimenti vivissimi del GRANDISSIMO
    STEVE KLAUS le cui foto sono gelosamente custodite,poi assistetti all’incontro
    al Foro Italico di Roma tra De Lucia e Calcaterra,titolo italiano dei leggeri e quello tra Waterman,svedese,per il campionato europeo dei welter contro ….(non ricordo…)
    della citta’ di Grosseto, e mille e mille di altri ricordi…..

  2. un commento per questi campioni non basterebbe …………………. anche io faccio il pugile e sento tutti i cazzotti immaggino quelli che combattevano contro questi grandi che hanno creato la Storia del pugilato e hanno scoperto la nobel art a cui sono molto affezionato
    distinti saluti ale
    apf

  3. Duilio si allenava nella mia città era conosciuto da tutti e un giorno mi piacerebbe dedicargli una targa sul muro fuori dalla palestra dove si allenava nel corso di Porto Recanati

  4. Parliamo di epoche lontane e mi fa piacere sentirne le testimonianze, che si uniscono alle mie…Erano tutti campioni eccezionali, ma eravamo abituati a vederli combattere uno contro l’altro senza marchingegni per evitarsi.

  5. Ho conosciuto Loy,in una serata pugilistica a
    Gallarate ho combattuto nella stessa riunione.
    Loy battè Buazis ai punti in 10 riprese.io pareggiai con buon dilettante locale:Proasio.
    Ho visto molte volte bocxare Loy al Principe di Milano all!inizio carriera professionistica
    e debbo dire migliorava ogni volta che combatteva.Tutti i suoi migliori incontri li ho visti dal vivo:Zulueta abile e veloce molto
    infido,Serafin Ferrer per la potenza dei suoi
    pugni,il classico Bruno Visentin,conteggiato erroneamente per una scivolata.non aveva perso
    con Loj, ma questi è stato e rimane un grande.

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