di Leonardo Pisani
Sono passati 40 anni ma quella data non la dimenticherò mai; 31 maggio 1983: il tg diede la notizia: è morto Jack Dempsey, il grande campione dei pesi massimi. Un servizio con alcuni spezzoni di suoi incontri e ricordo bene, fatto anche male con inesattezze: ad esempio il suo ritorno sul ring dopo la perdita del mondiale e amare sconfitte, confusero le esibizioni che il leggendario campione, nato in una capanna del Colorado sostenne, richiamando migliaia di spettatori paganti. Non erano veri incontri, ma gli americani volevano vedere quello che è considerato il primo vero pugile americano ad aver vinto un campionato mondiale: Dempsey oltre a sangue scozzese e irlandese, aveva anche antenati amerindi: della Nazione Cherokee. Jack Demspey, era il mio idolo giovanile: la prima volta che lessi di lui fu su un diario scolastico, di quelli di un tempo super economici e poco lavorati, servivano a segnare i compiti. Un diario di semplice carta lavorata poco e spartano con gli eroi dei vari sport; nella boxe ricordo Carnera, Corbett, Schmeling, Erminio Spalla, Carpentier, Monzon, Benvenuti, Mazzinghi, Tunney, Marciano, Ray Robinson, Henry Armstrong, Mickey Walker e ovviamente lui Jack Dempsey, la foto era quella del match contro Gibbons; ovviamente l’ho scoperto dopo ma mi rimase stampata nella memoria: mi colpì quell’ aria da duro, all’attacco incurante del pericolo. Era il 1980, l’anno del terribile terremoto in Irpinia e nella mia Basilicata; Dempsey mi fece innamorare letteralmente della boxe l’anno dopo; nell’epoca delle tv libere che si prendevano con preistoriche antenne. Tempi che furono; tra quelle che si prendevano nella mia zona c’era la mitica rete napoletana Canale21; una notte trasmisero un documentario sullo sport e c’era il pugilato; lo ricordo bene. Jack Johnson e Willard, Ketchel, Carnera contro Uzcudum, Bosisio contro Jacovacci, il primo Schmeling contro Sharkey, Louis-Marciano, Max Baer e Carnera: però fu lui ad ammaliarmi; il Maglio che mi impressionò quando vidi le immagini dell’incontro contro Firpo; quei knock-Down; il Toro delle Pampas che manda fuori del ring Dempsey; il Maglio che aiutato dai giornalisti risale sul ring e riprende a massacrare fino al ko finale con un destro, l’unico colpo dritto di quel incontro selvaggio e poi al famoso lungo conteggio contro Tunney; immancabile e che ancora oggi fa discutere. Poi venni a sapere, ma nel nuovo millennio, che quel documentario era opera di un grande e istrionico regista di origini lucane: Tanio Boccia e il titolo era Traguardi di Gloria, del 1957. Oltre 30 anni fa, quando non potevamo vedere i video su youtube e anche 1 minuto di incontri storici era un evento per gli appassionati; quando per sapere notizie sui campioni per noi piccoli si andava sulle enciclopedie; ricordo una che dava Dempsey morto nel 1969; la foto era quando mise ko George Carpentier, una giallina con i tremendi deltoidi di Jack in evidenza. Era il periodo che per avere notizie era una impresa, i più fortunati. Quelli grandi e che vivevano nelle città avevano Boxering, noi no e comunque c’erano sempre inesattezze, non si potevano leggere i giornali dell’epoca on line, mancavano i video, non c’era boxrec, i siti specialistici e gli storici della boxe americana erano lontani. Non mi credete, basta vedere le pur belle pubblicazioni di Ballarati e Fazi con i record per leggere inesattezze oppure accorgersi di incontri che non ci sono. Ma è altra storia. Su Dempsey ne ho lette tante, molte verità, molte falsità, giudizi a volte anche un po’ ingenerosi quando lo trattavano come un massacratore senza tecnica; invece fu un innovatore della boxe con il suo stile, oppure che picchiava solo con il destro… Ed il suo famoso gancio sinistro che Sharkey conosce bene ed anche Willard? I corti montanti sinistri e destri? Comunque una cosa mi colpì, era definito l’uomo più popolare della boxe; non capivo il perché: per me era Cassius Clay l’uomo più popolare della boxe, noi lo chiamavamo così, poi certo anche a distanza di anni Benvenuti e Mazzinghi, Loi, Marciano e il buon gigante Primo Carnera di cui i nostri nonni ci parlavano e poi il mito di noi lucani Rocco Mazzola,il campione italiano dei mediomassimi e massimi che veniva spesso anche ad Avigliano il mio paese sempre gentile sorridente e pronto a scherzare con tutti. Doveva essere il 2 giugno 1983 quando la morte di Jack poi fu ampiamente trattata da tutti i giornali, io me li comprai tutti e per anni li ho tenuti appesi sulla parete, in alto sul mio letto… Li ho persi purtroppo. Il Maglio di Manassa resta un mio amore sportivo anzi il mio primo amore pugilistico, di quelli che non si possono mai dimenticare e rimangono indelebili, certo poi gli anni passano, si legge di più, ci si informa di più, la conoscenza avanza e le informazioni sono maggiori. Resta un mio idolo anche come persona, credo che noi italiani ed europei non possiamo sapere esattamente cosa ha rappresentato Demspey per gli americani; me ne sono accorto quando andavo a New York e parlavo con americani: Dempsey è ancora un mito, anche per chi non segue la boxe. Mormone di famiglia povera, hobo cioè lavoratore vagabondo per poter vivere, ha fatto la fame, centinaia di incontri non registrati in saloon, miniere, strade con lo pseudonimo di Kid Blackie per via della zazzera nera, eredità del sangue Cherokee nelle sue vene. Forse è stato il primo campione mondiale con sangue americano, amerindo intendo. Considerato un vigliacco perché la prima guerra mondiale la fece arruolandosi nella guardia marina in USA e non sul fronte, tanti americani tifarono per l’eroe di guerra l’aviatore Carpentier compreso Hemingway, grande scrittore ed appassionato di boxe, ma di pugilato ne capiva poco; ho letto i suoi articoli dove prevedeva una vittoria per l”orchidea francese e descriveva Dempsey come un pugile grezzo, incapace di boxare e lento.. Poi divenne un mito, amato dal pubblico, non dai giornalisti. Anche dopo il ritiro le sue esibizioni erano un evento, seguite da migliaia di persone che volevano vedere il Campione, Jack Dempsey: nessuno ci è riuscito, lui si. La sua vita poi, filantropo, sempre pronto ad aiutare i boxeur in difficoltà, amico dei suoi avversari; raccontò che appena diventato campione mondiale andò a Parigi; visitò il Louvre e rimase colpito dalla Gioconda, ma non sapeva chi fosse Leonardo da Vinci. Ed iniziò a leggere, a vistare musei, da anziano si appassionò alla lirica. Si è fatto da solo William Harrison Demspey, nato per caso a Manassa, Colorado il 24 giugno 1895, cresciuto tra i Mormoni di Salt Lake City e diventato un uomo di acciaio su ring improvvisati nei saloon, nelle miniere o fiere e morto a New York il 31 maggio 1983, lo trovò disteso la sua amata, la più amata moglie la terza, l’italiana di Trieste Dora Piattelli. Io quel 31 maggio del 1983 non lo dimenticherò mai.