“Gli butto un’ultima occhiata prima dell’inizio del combattimento.
Chiudo gli occhi e ripenso a tutto il mio allenamento, dal momento in cui ho cominciato, fino a quel punto e penso: Sono pronto. Se non ce la faccio adesso, allora non sono il migliore”.( Steve Collins, ex campione mondiale dei medi).
Si accendono i riflettori mentre un triplice ordine di corde separa un ring dal resto del mondo: nei guantoni del pugile tutti gli anni di sacrifici e allenamenti, mentre nei suoi pensieri la piena convinzione che quel match non è questione di vita o di morte, ma molto di più….
Cosa significa dedicare buona parte della propria vita a combattere? Cosa differenzia un pugile, un judoka o un lottatore da un maratoneta, un tennista o un calciatore? Lo sport agonistico è un’esperienza talmente forte da avere il potere di innalzare o distruggere una persona. Negli sport di combattimento come la boxe, il judo e la lotta tutte queste caratteristiche si potenziano ancora di più che nelle altre discipline in quanto si entra in un contesto estremamente individuale in cui la vittoria si ottiene con l’affermazione della propria supremazia sul corpo dell’avversario.
La fisicità di questi sport estremizza molto i sentimenti e la psicologia di questi atleti che provano in maniera più viscerale il senso di umiliazione di una sconfitta e la potenza interiore che si sprigiona da una vittoria. Eppure ogni buon combattente deve saper gestire queste emozioni, farle sue, ricordarle, ma mai farsene totalmente condizionare poiché dal momento in cui si sale sul ring o sulla materassina, si è soli spesso contro tutti.
La gara di “quelli che combattono” non sta semplicemente nel giorno di un match importante: l’allenamento a cui questi atleti si sottopongono è ogni giorno combattimento, ogni giorno competizione e preparazione. Il pugile come
il judoka, per quanto si addestrino in gruppo, sono consapevoli che ogni mattina in palestra dovranno migliorarsi e dimostrare costantemente di essere i migliori. Il gioco non è affatto semplice se si pensa che il fisico di questi
atleti è ovviamente molto più esposto a infortuni e situazioni di stress fisiologico che negli altri sport: per rispettare le categorie di peso è necessario seguire regimi alimentari molto ferrei e a rinunciare alla vita di un giovane qualunque.
Saranno proprio questi sacrifici e questi valori ad entrare per primi sul ring, perché chi combatte ha nei suoi pugni la sua rivalsa; ha nella trama del tessuto del judoji tutte le speranze, le paure e la più alta forma di espressione di se stesso.
Per questi motivi molte persone hanno scelto di combattere mettendo la propria faccia sotto quei riflettori, sapendo che tanta gente li bersaglierà se perdono, ma loro sono comunque là a cogliere un’opportunità, a prendersi una
rivincita con la vita, a trovare quell’oro. Domani un pugile sarà di nuovo a colpire mille volte il sacco e un judoka ad
allenare le prese perché al prossimo incontro dovranno essere bravi a non cadere mai… oppure a rialzarsi come fa un vero campione.
Ringrazio tutti per i bellissimi commenti… spero che avremo ancora modo di conoscerci e parlare nei futuri articoli. Grazie ancora, Roberta
Complimenti. Non sono un appassionato di judo ma il pezzo è scritto molto bene…la psicologia è sottile, ma ci investe un po’ a tutti.
si evince la grandezza di una campionessa, il coraggio di atleta che ha ottenuto i suoi successi grazie a sacrifici e una mentalità rigorosa. Il pensiero di un campione sia di esempio per vincere le battaglie della vita! Complimenti Roberta Grassi!
molto profonda!