di Giuliano Orlando

Mentre al Madison di New York, si battevano Katia Taylor e Amanda Serrano in uno degli incontri più spettacolari ed emozionanti al femminile, di cui parlerò in un servizio a parte, l’Italia nel suo piccolo, precedendo di alcune ore l’evento americano, ha offerto al Palasantoro di Roma, per l’organizzazione della   OPI  82, di Alessandro Cherchi e la Phoenix Gym del manager Rolando Frascaro, una serata in guantoni tutta al femminile, imperniata sull’europeo vacante supermosca  tra la romana Stephanie Silva  (6), 27 anni, tricolore dilettanti  2015, triplo argento (2014,  2016  e 2017),  oltre che bronzo europeo 2016  e la torinese Giuseppina Di Stefano (5-1-1), 37 anni, giunta al pugilato in età matura, e passata pro nel 2019 a 34 primavere. L’incontro sui 10 round è stato spettacolare e di ottima qualità tecnica. Ha vinto nettamente la Silva, allieva del maestro Simone D’Alessandri, che ha fatto compiere un salto di qualità impressionante alla nuova campionessa, capace di offrire pugilato di alta qualità. Mobile e precisa, rapida sia nello scambio corto che a distanza, ha mostrato scelta di tempo e variazioni tattiche che lasciano sperare come il traguardo europeo sia la base di partenza. Con questi presupposti ha   superato nettamente Giuseppina Di Stefano che merita comunque l’onore delle armi. A parte l’età che non si può ignorare, la piemontese allenata perfettamente dal maestro Dino Orso, si è battuta con grinta fino all’ultimo e ha perso da una rivale superiore tecnicamente, non certo per generosità. La differenza era tecnica e il punteggio (100-91 e due 98-92) crudele anche se corretto, non fotografava l’abisso numerico. Il match ha specchiato una lotta intensa, dove la Silva metteva più colpi a bersaglio, eseguiva azioni complete e di alto contenuto tecnico, ma la Di Stefano pur subendo cercava sempre la replica. Questo il sunto di dieci round godibilissimi che il pubblico ha gradito appieno.  A fine match entrambe le protagoniste si sono dichiarate soddisfatte della loro prova.  Silva ha versato lacrime di gioia, in contrapposizione a quelle relative al passato per gli argenti agli assoluti dilettanti.  Il suo maestro storico D’Alessandri confermava che questo traguardo è l’asse di partenza: “Abbiamo scelto i supermosca per necessità, ma Silva fa i mosca senza problemi, quindi guarderemo a questa categoria. Siamo soddisfatti sia per l’esito che per il rendimento della nuova campionessa. Abbiamo lavorato moltissimo per farla crescere e non è ancora finita. Match dopo match faremo sempre meglio. Comunque allenare Stephanie è davvero bello. Lei ci mette il cuore e l’anima. Un grazie anche alla mamma, il suo nume tutelare da sempre”.                                                                                                                                                                         Sul fronte opposto, Dino Orso dopo aver fatto i complimenti alla campionessa, che ha trovato migliorata e non di poco, si felicita con la sua allieva: “Giuseppina, vista l’inesperienza e il valore dell’avversaria, è stata bravissima. Non ci illudevamo di vincere e quindi nessuna sorpresa. Adesso punteremo al titolo italiano”.

Dopo il tricolore, Martina Bernile (4-1-1), siciliana di nascita (Mazara del Vallo), novarese di adozione, non più giovane (36 anni) ma molto motivata, con precedenti nella muay thai e nella Kick, dove ha ottenuto buoni risultati, conquista l’Intercontinentale IBO vacante dei pesi mosca, battendo nettamente la generosa andalusa Buchra El Quaissi (3-2-3), brevilinea che boxa per linee esterne, sempre fuori misura, davanti ad una rivale più coordinata e con una base tecnica decisamente superiore. Perfettamente allenata dal marito Francesco Vaccaro, dai trascorsi nei vari sport da combattimento, ha mostrato boxe piacevole, senza mai rischiare più di tanto. Dieci round a senso unico. Nei gallo Simona Salvatori (6) di Marino, nonostante i 38 anni impone alla greca Panagiota Zervoudaka (0-2) un ritmo frenetico che l’ospite subisce per tutti e sei i round. La peso welter Mahjouba Oubtil (4), marocchina di 39 anni, residente a Pomezia dove lavora e combatte, da dilettante ha preso parte ai Giochi di Londra 2012 nei leggeri, battuta dalla brasiliana Adriana Araujo.(16-12)  per il bronzo, mantiene l’imbattibilità superando la montenegrina Aleksandra Vujovic (4-1782), residente a Belgrado in Serbia, già vista in Italia a Fermo il 9 aprile scorso, contro Nadia Flalhi, dopo una battaglia più equilibrata del previsto. Debutto al professionismo vincente della romana Alessia Vitanza (1) nei superleggeri, contro la giovane serba Ksenjia Medic (2-24-2), 24 anni, pro dal 2015 a 18 anni, battuta dalla Bustamante e dalla Flalhi in precedenza, decisamente più pesante. Una buona prova per il debutto.

 

Al Palasport Estraforum di Prato – organizzazione OPI 82 – non è stato sufficiente il tifo dei fans di Marco Papasidero (10-3-4), 32 anni, pro dal 2015, che alla prima difesa del titolo superwelter l’ha forzatamente lasciato nei guantoni del più esperto e anziano Orlando Fiordigiglio (35-3), 37 anni, pro dal 2010, nato a Torre del Greco nella cintura metropolitana di Napoli, residente ad Arezzo dai tempi del dilettantismo,   che torna in possesso della cintura nazionale, conquistata la prima volta nel 2013, battendo Domenico Salvemini. Il tema tattico ha seguito le previsioni della vigilia. Papasidero è partito all’attacco cercando di chiudere lo sfidante, abile ad evitare il contatto, usando il diretto sinistro e il gancio destro che sono risultati i protagonisti dell’incontro. Il limite del pugile di casa è stata l’incapacità di variare i tempi offensivi, insistendo sull’assalto frontale, mentre Fiordigiglio nei momenti critici era abile a legare e far rallentare il ritmo dell’attacco di Papasidero. Incontro apprezzato dal pubblico, che ha fischiato il punteggio dei giudici, in effetti abbastanza generosi con Fiordigiglio (99-91; 96-92; 97-93) che aveva sicuramente vinto, ma non così largamente. Con questo successo, il pugile di Torre del Greco, intende riproporsi per una cintura oltre i confini italiani. Magari un trofeo intercontinentale, visto che lungo i dodici anni di professionismo ha conquistato la cintura dell’Unione Europea (2013-14), l’Internazionale IBF (22016-2019) e due tentativi europei decisamente sfortunati, che avrebbe ampiamente meritato. Nel giugno 2015 a Brescia, contro Cedric Vitu si arrese all’undicesimo round, quando era in vantaggio e il 22 dicembre 2017 a St, Quentin in Francia, la solita giuria di parte, favorì Zakaria Attou, il pugile di casa in modo sfacciato. Nonostante i 39 anni, il mancino Alex Ferramosca (4-1), 39 anni, pro dal 2018, dopo il successo netto sul bulgaro Trayan  Slavev (4-32-3) 31 anni, alla seconda apparizione in Italia, nel 2019 a Busta Arsizio perse da Gangi, , dominato per tutte e sei le riprese, punta al titolo dei supergallo, per realizzare il sogno da professionista, dopo averne  vinto quattro nei dilettanti e sfiorato la qualificazione per Londra, perdendo ai mondiali di Baku in Azerbajan, contro l’ispano De La Nieve per un punto. Torna alla vittoria il gallo marocchino Mohammed   Obbadi (23-2), 28 anni, residente a Cascina dai tempi del dilettantismo, in attesa di ottenere la cittadinanza italiana, dopo la sconfitta dello scorso gennaio in Messico, contro l’imbattuto filippino Jade Bornea (17). Vince bene contro il ceco Patrik Bartos (18-22) che ha cercato di usare il solito sistema dell’ostruzionismo, legando e abbassando la testa. Obbadi ha iniziato senza fretta, molto lucido e preciso, evitando la corta distanza, ammorbidendolo round su round, con colpi in apparenza leggeri, che al sesto round, dopo un montante sinistro, hanno costretto Bartos alla resa. Una buona prova in attesa di impegni titolati. Pari tra i medi Alessandro Ruggiero (6-9-2), di Prato e il milanese Claudio Bonaparte (0-5-2) dalla boxe speculare, a corta distanza.

Sul ring francese a Pont St, Martin nella Loira, non lontano da Nantes che guarda all’Atlantico, è stato assegnato l’europeo leggeri, vacante dall’ottobre 2019, dopo la difesa di Francesco Patera contro Domenico Valentino, verdetto al belga, molto discutibile, da allora l’EBU non è stata capace di allestire una sfida per assegnare la cintura vacante. Se è vero che gli organizzatori finlandesi che gestiscono l’attività del kosovaro Edis Tatli, hanno bellamente preso in giro sia l’EBU che il cosfidante, nel caso Gianluca Ceglia, che insegue questa cintura da quasi tre anni, è altrettanto assodato che l’ente europeo ha dimostrato l’incapacità di prendere in mano la situazione e difendere i diritti di Ceglia, che dopo aver subito rinvii a non finire, si è ritrovato a dover combattere in Francia con tutti i rischi delle trasferte. Come infatti è avvenuto. Nonostante l’ottima prova del pugile campano, il titolo è andato Yvan Mendy (47-5-1) francese d’importazione, nato in Senegal il 21 maggio 1985 (37 anni) professionista dal 2006. Nel 2020 sembrava aver chiuso dopo 15 anni di attività a ottimi livelli ma, vista la situazione favorevole, gli organizzatori francesi lo hanno proposto cosfidante, anche se non saliva sul ring dal dicembre 2020, quasi un anno e mezzo. E hanno avuto ragione, perché adesso la Francia ha un campione d’Europa in più e Mendy ha conquistato l’unico trofeo che gli mancava, aggiungendolo a quello francese, l’Intercontinentale WBF e IBF, l’Internazionale e il silver WBC, oltre all’Unione Europea. E guarda caso, il prossimo sfidante di Mendy sarà Edis Tatli!

Alla Gemeentelijke Sporthal di Ingelmunster (Belgio), non sono bastate la grinta e il cuore di Silvia Bortot (8-2), 37 anni, per superare la belga Oshin Derieuw (15) che ha conquistato l’Intercontinentale IBO superleggeri, costringendo la veneta alla resa nel corso della nona ripresa. La Bordot, consapevole  di non avere l’autonomia per i dieci round, ha cercato di far valere la potenza dei colpi cercando il corpo della più alta rivale. Tattica che ha dato buoni risultati nei primi quattro round. A quel punto la belga ha aumentato il ritmo e la Bordot si è trovata in debito d’ossigeno, subendo la migliore condizione della belga. A metà del no no  tempo, l’arbitro ha dato lo stop, ritenendo che l’italiana subisse troppo passivamente l’offensiva della beniamina di casa. Un rientro sfortunato per la veneta di Motta di Livenza, ex campionessa europea superleggeri, titolo che aveva conquistato l’11 gennaio 2019 a Compiegne in Francia, mettendo KO la locale Marie Helene Meron  (5-1-1) al quarto round. Dopo la prima vittoriosa difesa contro la belga Djemilla Gontaruk  (16-8-2) disputata il 25 ottobre  2019 a San Bonifacio, all’esame antidoping, vennero riscontrate tracce di aIgenamina, integratore che facilita la perdita di peso nelle urine della Bortot, facendo scattare lo stop per due anni. Rientrata sul ring il 22 dicembre scorso, dopo quasi   due anni   di forzato riposo, battendo la giovane ucraina Kateryna Drozd (0-6) a Padova, sperava di riprendere la strada del successo anche in Belgio, ma ha trovato una rivale meglio preparata e molto brava, che ne ha cancellato il sogno.

Di Alfredo