di Giuliano Orlando

Ciao Mandingo, l’ultimo volo ti sia leggero, sperando che non ti faccia perdere quel sorriso un po’ beffardo, che tanto piaceva alle donne. Kenneth Howard, meglio noto come Ken Norton, ci ha detto addio. Aveva compiuto 70 anni, da un mese, ma la salute aveva iniziato a tradirlo da diverse stagioni. Ricoverato a Las Vegas, un ictus e non era il primo, gli è stato fatale. Norton negli anni ’70 è stato grande protagonista tra i massimi dell’epoca.  Diventa famoso quando un suo destro procura la frattura della mascella al grande Alì. Il match si disputa a S. Diego in California il 31 marzo 1973, a quel tempo Norton (30 anni), presta servizio come Marines, e si presenta con un record di 29 vittorie (23 ko) e una sola  sconfitta in sette stagìoni di attività, svolta per la maggior parte in California. Sosta breve nei dilettanti, tre soli anni con un bilancio di 24 successi e due sconfitte. Tre volte vincitore nel campionato marine, punta ai Giochi di  Città del Messico ’68, ma il sogno svanìsce ai campionati USA ’67 a S. Diego, battuto in finale dal più esperto Forrest Ward che vince i Panamericani a Winnipeng in Canada. Ma il pur bravo Ward, trova disco rosso agli assoluti ’68, battuto dal giovanissimo e fortissimo George Foreman che si ripete ai trials e vince l’oro olimpico, spedendo ko in semifinale il nostro Bambini. Conclusa la breve esperienza in maglietta, debutta il 14 novembre 1967 sempre a San Diego, spedendo ko al quinto tempo Grady Brazell al terzo match, che dopo quella lezione decide di smettere.  Ken è un atleta perfetto, alto 1,91, circa 100 kg. di muscoli scattanti, fin da giovanissimo pratica sport. E’ nato a Jacksonville nell’Illinois, studia con profitto e si distingue nello sport. Ottiene il diploma alle scuole superiori e il pass per frequentare il Northeast Missouri State University, dove si presenta grazie ad un borsa di studio per all’apporto dato alla squadra di football. Sogna una carriera da protagonista, ma un serio infortunio alla spalla destra, lo condiziona. Decide di lasciare l’università, per arruolarsi in marina. Ha 21 anni e alla base militare, inizia ad imparare la boxe. Che sarà la professione della sua vita.                                                                                                                                          Inizialmente non piace agli organizzatori, che reputano la sua boxe poco spettacolare. In effetti il giovanotto è frenato dal temperamento poco incline alla lotta selvaggia. Quando, la sera dell’8 giugno 1970 a Los Angeles, il sinistro di Jose Luis Garcia, un mancino di Caracas, da poco sbarcato negli Usa in cerca di fortuna, lo spedisce al tappeto, per la prima volta, capisce che deve trovare qualcosa per liberarsi da quel peso psicologico. Per la cronaca, cinque anni dopo, restituirà al non più brillante Garcia, la stessa moneta pagata, sempre al quinto round. Dopo quella sconfitta si affida al dottor Michael Dean, un ipnotizzatore. La cura ottiene buoni effetti, considerato che ottiene una striscia di 13 vittorie, trampolino di lancio per affrontare Muhammad Alì per la cintura NABF, che equivale al titolo del Nord America. Il match si disputa a S. Diego il 31 marzo 1973 e il marine che il pubblico femminile ama parecchio, la spunta di stretta misura, contro uno stoico Alì che combatte per oltre sette dei dodici round con la mascella rotta. La vittoria lo lancia nell’olimpo dei grandi e gli apre anche le porte del cinema. Fino ad interpretare il personaggio di Mandingo e girare una ventina di film. Lo aiuta il fisico e la disponibilità, senza atteggiarsi da divo. Con Alì disputa altre due battaglie, perdute col minimo scarto. Forse la seconda, sempre nel ’73, fu bugiarda. Pochi gli avversari più bravi, solo Foreman e Shavers due giganti dal pugno tremendo, lo costringono alla resa in poche battute. Di fronte a Larry Holmes disputa un confronto entusiasmante e il campione la spunta per split decision. Siamo nel 1975, èl’ultimo tentativo per riprendere il mondiale, che il WBC gli aveva assegnato a tavolino l’anno prima. Il motivo: Alì si rifiuta di battersi per la quarta volta contro il marine e sceglie Spinks che a sorpresa, lo batte e la sigla di Suleiman lo fa decadere. Tramutando la semifinale contro l’ostico e sgusciante Jimmy Young, abilissimo nella scherma, in sfida mondiale, vinta da Norton. Un titolo meritato. Nel 1979 inizia la fase discendente, pari con Scott LeDoux e sconfitta contro Shavers. L’anno dopo fatica a battere Randall Cobb, meteora durata il tempo di poche stagioni, mentre nell’81, in meno di un minuto finisce ko contro l’emergente e furioso Gerry Cooney, un bianco di 25 anni, sgraziato e dalla boxe violenta, che festeggia la 25° vittoria senza macchia.  L’anno dopo Cooney proverà a conquistare il mondiale contro Holmes. Un match di grande cuore, ma la boxe precisa, chirurgica di Larry è troppo superiore e deve arrendersi alla 13° ripresa. Gerry considerato la speranza bianca, ha una storia emblematica. Il padre irlandese, è un violento, spesso rientra a casa ubriaco, distribuendo botte a moglie e figli. Il giovane cresce, fino a sfiorare i 2 metri e trova nella boxe il rifugio per uscire dal ghetto. Lo scopre Giovanni Capobianco, un italiano che allena anche gli irlandesi a Huntington. Ottimo dilettante, vince diversi Golden Gloves, Nei professionisti è un tornado. Prima di Norton batte srigatovamente Young e  Lyle. In carriera solo tre sconfitte (Holmes, M. Spinks  e Foreman) tutte per ko. Tornando a Norton,  quello con l’irlandese americano è l’ultimo match. Appesi i guantoni al chiodo, inizia la carriera di telecronista-tecnico con le grandi emittenti USA, gira altri film, vive molto bene e si gode la famiglia, padre di cinque figli e un bel numero di nipoti. Nel 1992, entra nella Hall of Fame. Nell’autunno del 1986, un frontale con un’altra auto, fa temere per la sua vita. Lo estraggono fuori dalla vettura in condizioni disperate. Commozione cerebrale, il viso irriconoscibile per le numerose fratture, le gambe incastrare fanno temere il peggio. Lo operano d’urgenza, ma la diagnosi è crudele: lo attende la seda a rotelle. Ma non sempre i  medici hanno ragione. Ken ha la forza di reagire e dopo un anno torna a camminare in modo autonomo. Altri anni buoni, ancora invitato alle grandi riunioni e sempre quel sorriso accattivante. Nel 2009 Jacksonville  la sua città natale gli dedica una statua. Nel 2011 il primo ictus, altre crisi e la notte di mercoledì 18 settembre, il colpo del ko. Quello che non  perdona.

Di Alfredo