di Giuliano Orlando
MASSA. Al Palasport di Massa, comune toscano di circa 70.000 persone, antica capitale del Ducato di Massa, bella doppietta per il pugilato toscano, in particolare della Boxe Massese, trionfo record nella storia pur gloriosa del club, che ha festeggiato i 40 anni di vita. Una palestra molto attiva in città. Merito di Francesco Barotti (9-1) e Davide Tassi (11), neo campioni mosca e piuma, allievi dei maestri Giancarlo Talamoni ed Enea Castelli, con Giuseppe Bertelloni direttore sportivo. Certo, non ci fosse stata la pandemia, tutto sarebbe stato più bello e spettacolare, ma questo non sminuisce il merito dell’impresa. Grazie anche alla Loreni Boxe, che ha allestito col contributo della società, una serata sia pure a porte chiuse, nella quale non è certo mancato l’agonismo, componente essenziale nel pugilato, sport di contatto diretto. Il mosca Francesco Barotti, lunga carriera in maglietta – una parentesi nelle WSB a San Juan in Portorico nel 2015, affrontando il talentuoso Jeyvier Cintron (11-1), oggi professionista, l’ultimo match nel 2019 in Giappone, per il mondiale supermosca WBO, cedendo di misura contro il giapponese Kazuto Ioka – ha finalmente coronato un inseguimento iniziato nel 2010, al tempo dei dilettanti, raccogliendo dal 2011 al 2016, ben tre argenti e tre bronzi, senza la soddisfazione del titolo assoluto. Stavolta non ha fallito e dopo tre stagioni da pro, conquista il tricolore dei mosca a spese di un generoso Tommaso Melito (4-7-1), campano di Giugliano, cittadina attigua a Napoli, dal gran fisico, attivo ad intermittenza nei pro, tradito dal temperamento che non lo ha fatto ragionare lucidamente, gettandosi all’attacco senza riflettere, risultando quindi bersaglio facile del più accorto toscano, che dopo un round di studio lasciato al rivale, ha capito che la boxe di rimessa sarebbe stata quella vincente. Così è stato e col passare dei round, la tattica di Barotti prendeva il sopravvento. Ad aggravare la situazione per Melito, arrivava una ferita al sopracciglio sinistro sul destro del toscano. Il sesto round ripeteva l’andamento di quello precedente con Melito che attaccava senza trovare bersaglio, subendo un preciso colpo sulla ferita che si aggrava. L’intervento del medico, decretava lo stop. I giudici sanzionavano la vittoria per Barotti per RTD a maggioranza. Mentre il giudice genovese Robello (58-56) e il bolognese Roda (59-55) si accostavano alla situazione reale, il 57-57 del piemontese Virgillito, lasciava sconcertati, visto che la lettura non presentava particolari difficoltà. Giustificata l’emozione del campione, 28 anni, pro dal 2017, dotato di grande tenacia e costante crescita: “La più bella soddisfazione dal giorno che sono entrato in palestra a 15 anni, pesavo 64 kg., sulle orme di mio fratello Lorenzo, coronando il sogno inseguito da oltre un decennio. Grazie alla società al presidente e ai miei maestri Giancarlo Talamoni e Enea Castelli, ma anche onore a Melito che non ha mai mollato, anche se col proseguo dei round, perdeva in forza e lucidità. Comunque sono pronto alla rivincita”. Cosa vedi nel futuro immediato? “Prima di tutto il matrimonio con Annalisa, la mia prima tifosa, fissato il 4 giugno prossimo. Dovevamo sposarci quest’anno ma il Covid ha rovinato tutto”. Che lavoro svolgi e quali sono i tuoi hobby? “Faccio il magazziniere che alterno con l’impegno della palestra. Non semplice ma la boxe è una passione irrinunciabile. Come hobby mi piace la musica rap, ma senza esagerare. Per il resto amo la tranquillità della famiglia”. Il titolo in questione era vacante dal 2004, quando Giuseppe Laganà (25-13-1), siciliano di Regalbuto in provincia di Enna – attivo dal 1997 al 2015, ultimo incontro l’8 agosto 2015 a Gatteo Mare, contro Obbadi, sulla soglia dei 44 anni – il 24 settembre, a Campobello di Mazara (Trapani), batteva il corregionale Mercurio Ciraramitaro (20-14-7), di Castelvetrano sempre nel trapanese, nel cui record figurano ben 12 sfide tricolori, che affrontava per la quarta volta, bilancio di due vittorie e a testa. Da quel momento il titolo italiano dei mosca, si è ricoperto di polvere per 16 stagioni. Tutto il contrario dei piuma, vacante per infortunio del campione in carica, l’italo-albanese Laze Suat (25-6-1), 41 anni portati alla grande, titolo conquistato il 12 dicembre scorso ad Alzate Brianza nel comasco, a spese di Vittorio Parrinello (11-5), dopo una battaglia spigolosa ed equilibrata. Avrebbe dovuto difendere la cintura appunto a Massa, ma in allenamento si è incrinato il polso destro, costretto a dare forfait, rendendo il titolo vacante. Cintura che ha spesso trovato titolari di qualità, da Mauro Forte (2017) a Francesco Grandelli (2018-19), che dopo Suat Laze, premia il mancino toscano Davide Tassi (11), 28 anni, vincitore facile del romano Emiliano Salvini (19-31-2), 41 anni, attivo dal 2000, sei sconfitte negli ultimi match, tutte ai punti, quattro in Francia, cosfidante di buona volontà, trovato all’ultimo momento. Confronto a senso unico per Tassi, lungo dieci round piacevoli e speculari. Per Salvini, all’angolo Marcello Paciucci, Enrico Piccillo e Vallerio Salvadori, privo di potenza costretto a fare l’attaccante era un suicidio assicurato, la boxe ideale per un ottimo rimessista come Tassi, longilineo rapido sia di braccia che di gambe. I due 100-90 dei giudici specchiano l’andamento, quindi promozione totale per l’allievo di Talamoni e Castelli, della Boxe Massese. Adesso lo aspetta Suat Laze e sarà altra musica. Perché? Perché il comasco d’adozione ha pugno pesante, fiato da vedere e non ti lascia momenti di pausa. Mentre il neo campione è privo di potenza, limite importante a meno che quello che abbiamo visto, sia la versione soft, capace di un repertorio più ampio, visto che nel suo record figura una vittoria su Alessio Lorusso, attuale tricolore supergallo. Ce lo auguriamo per il toscano, stilisticamente molto elegante e preciso. Il contorno metteva in programma il rientro del supermedio Dragan Lepei (19-2-2), romeno di passaporto italiano, ex campione italiano e prossimo a battersi per la vacante cintura UE. Sulla carta il test Vadim Gurau (7-6-) moldovo residente a Milano, non doveva risultare proibitivo. Sul ring si è visto l’ombra di Lepei, lento e impreciso, affidarsi a improbabili sventole che finivano regolarmente fuori bersaglio. Gurau ha svolto il suo compito con impegno, boxando in linea, sfruttando precisione e velocità, vincendo nettamente le prime tre riprese. Solo al quarto round Lepei ha cercato di reagire, ma con scarso successo. Pur concedendogli un paio di round, cedeva anche in quello conclusivo e perdeva nettamente la prova. Da ragazzo intelligente Lepei avrà capito che salire sul ring in quelle condizioni è negativo sotto ogni aspetto. Che i telecronisti abbiano visto Lepei vincitore, fa parte degli abbagli, in buona fede. Chi ha vinto chiaramente è stato il superwelter Yassin Hermi (2), 18 anni, l’ultimo importante acquisto di Mario Loreni, allievo del maestro Boncini a Firenze, affrontando al terzo match da pro, l’esperto colombiano Williams Andreas Gomez Vargas (3-16-1), 33 anni, da anni residente a Corciano in Umbria, collaudatore molto resistente, come dimostra il record che segna una sola sconfitta prima del limite. Hermi ha vinto cinque dei sei round, nel quinto Vargas si è salvato aggrappandosi al rivale come l’edera, con l’arbitro che ha faticato e non poco a staccarlo. Hermi ha talento, ma anche tanta fretta. Avesse ragionato più freddamente probabilmente si sarebbe imposto prima del limite. Comunque un test importante, che l’ha impegnato per 6 round. Il gallo di casa Claudio Grande (5), già campione dilettanti, di fronte al pakistano Shoaib Zaman (4-10-2), 29 anni, di stanza a Botticino in Lombardia, incamera il quinto successo e spera di battersi fra non molto per il titolo di categoria. Ha debuttato positivamente il welter piemontese Fabio Apolliani (1), 23 anni, allievo della Ilio Baroni di Torino, opposto al veterano irpino Luigi Mantegna (2-80-2), 44 anni, attivo dal 2006, sconfitto dopo 4 round piacevoli e combattuti.