“È POSSIBILE INCREMENTARE LA FORZA MUSCOLARE SENZA AUMENTARE DI PESO?”

PREMESSA

Per molti anni, in ambito sportivo, l’equazione F = m X a (legge di Newton o secondo principio della dinamica ) – alla quale si deve fare riferimento ogni qual volta si parla di forza – è stata grossolanamente ed erroneamente semplificata.
Secondo tale uguaglianza infatti, la forza è pari al prodotto tra massa ed accelerazione, per cui, se trasponiamo tale concetto – adattandolo al nostro ambito sportivo – ne possiamo dedurre che la forza muscolare dipende sia dalla struttura muscolare (massa) che dalla capacità di questa di sviluppare elevate velocità di contrazione (accelerazione) (Cometti, 1988, 1997).
Negli scorsi decenni però, grosso modo fino ai primi anni ’80, il fattore accelerazione venne totalmente trascurato a vantaggio del fattore massa , per cui si semplificò, stravolgendola, l’equazione di partenza in questo modo: Massa = Forza. Si pensò cioè che più un atleta fosse muscoloso, ipertrofico, “grosso” più egli sarebbe stato forte.
E per molti anni infatti abbiamo visto lanciatori – soprattutto di peso e di martello – sollevatori pesi, pesi massimi nella boxe smisuratamente “grossi” (ma spesso anche molto grassi …..) perché le dimensioni erano importanti. E le metodologie d’allenamento adottate quindi, miravano a costruire masse muscolari enormi, dalle quali doveva scaturire un’enorme forza. Tali metodologie (mutuate per lo più dal body-building ….) si rivelarono però un’arma a doppio taglio, soprattutto negli sport da combattimento in cui esistono le categorie di peso: in esse infatti l’ipertrofia (con il conseguente ed inevitabile aumento di peso corporeo …..) può essere considerato come un “effetto collaterale” indesiderato ed indesiderabile, poiché se per essere più forti bisognava anche aumentare di peso, la logica conseguenza fu di dover combattere con avversari costituzionalmente e naturalmente di taglia maggiore: sicuramente una eventualità che doveva essere evitata con ogni cura!
Cerchiamo quindi di capire, scendendo nei particolari ed approfondendo gli aspetti che più ci interessano, che relazione c’è tra ipertrofia e forza, se è possibile aumentare la forza muscolare senza aumentare spropositatamente le proprie masse muscolari e quali sono i metodi di allenamento più adatti a tale scopo. Risulta quindi indispensabile definire il concetto di capacità di forza ed individuare i fattori che la determinano.

LA CAPACITA’ DI FORZA ED I FATTORI CHE LA DETERMINANO

La forza muscolare è definita come “la capacità dell’uomo di vincere una resistenza o di opporsi ad essa, con un impegno tensivo della muscolatura” (Cometti, 1991). In teoria dell’allenamento si utilizza il concetto di capacità di forza, che assieme alla capacità di velocità (o rapidità) ed alla capacità di resistenza, vengono definite CAPACITA’ ORGANICO-MUSCOLARI (Bellotti, Matteucci, 2004). È il loro livello che determina la condizione fisica dell’atleta.
Come sopra riportato, la forza – dal punto di vista meramente fisico – è definita dal prodotto della massa per l’accelerazione
F = m x a

ed essa quindi dipende sia dalla struttura muscolare che dalla capacità di questa di sviluppare elevate velocità di contrazione (Cometti, 1988, 1997).

Dal punto di vista fisiologico diversi sono i fattori limitanti la capacità di forza muscolare:

– Fattori STRUTTURALI: relativi cioè alla composizione stessa del muscolo;
– Fattori NERVOSI: relativi alla utilizzazione delle unità motorie;
– Fattori legati al PRE-STIRAMENTO che precede la contrazione volontaria.

FATTORI STRUTTURALI

Nell’ambito dei fattori strutturali possiamo distinguere:
– il grado di trofismo della muscolatura;
– la percentuale dei vari tipi di fibre che compongono il muscolo e le modificazioni indotte dall’allenamento;
– il numero dei sarcomeri che compongono le fibre.

IL TROFISMO
L’allenamento della capacità di forza, nelle sue varie espressioni, genera sempre un certo grado di ipertrofia, dovuto in gran parte all’aumento del materiale contrattile (miofilamenti proteici). L’ipertrofia è sempre stata considerata come uno dei fattori che più determina la capacità di generare forza di un muscolo (Ikay e Fukunaga 1968, in Cometti 1991), tuttavia le teorie più recenti sembrano privilegiare l’importanza dei fattori nervosi e del tipo di fibre utilizzate nella contrazione (MacDougall 1980, in Cometti 1991). Conseguentemente le ultime tendenze dell’allenamento con i sovraccarichi sono totalmente differenti dalle precedenti, le quali privilegiavano la ricerca quasi ossessiva dell’ipertrofia attraverso l’utilizzo di percentuali relativamente elevate di carico (circa il 70 – 75 %), basse velocità esecutive ed un considerevole numero di ripetizioni.
Ciononostante siccome l’ipertrofia rimane uno dei fattori limitanti la forza, elenchiamo brevemente le cause che determinano il verificarsi di un aumento della massa muscolare:

– un aumento del volume delle miofibrille;
– uno sviluppo del tessuto connettivo che riveste il muscolo;
– un aumento della vascolarizzazione;
– un aumento del numero delle fibre (iperplasia).

Per quel che riguarda l’aumento del volume delle miofibrille, due sono le teorie principali:
a) Mac Dougall (1986 in Cometti, 1997) afferma che le miofibrille aumentano nelle dimensioni a causa dell’aggregarsi dei miofilamenti contrattili di miosina ed actina;
b) Goldspink (1985, in Cometti 1997) invece attribuisce il tutto ad un fenomeno di neogenesi, che determinerebbe un aumento del numero delle miofibrille.
L’aumento di tessuto connettivo è proporzionale alla massa totale del muscolo, dal momento che la sua percentuale, rispetto al volume muscolare, è costante: circa il 13 % sia nei sedentari che in soggetti allenati (Mac Dougall, 1984 in Cometti, 1997).
Anche per quel che concerne l’aumento della vascolarizzazione vi sono teorie discordanti: infatti mentre secondo Schrantz (1982, in Cometti 1997) con l’allenamento il numero dei capillari aumenta, per MacDougall (1986 in Cometti,1997) addirittura diminuisce. Successivamente però Tesch (1988 in Cometti, 1997) ha precisato che utilizzando carichi di lavoro elevati si nota una riduzione dei capillari, mentre con percentuali intorno al 70% del massimale si ha un leggero aumento del numero dei capillari.
L’ultimo fattore considerato è l’iperplasia, tuttora oggetto di studi, anche se nonostante MacDougall (1986 in Cometti, 1997) affermi l’impossibilità di un aumento del numero delle fibre muscolari, si è più propensi ad accettare l’ipotesi di Tesch (1988 in Cometti,1997), il quale ha riscontrato in un gruppo di culturisti un numero maggiore di fibre per unità motoria rispetto al gruppo di controllo.

TIPI DI FIBRE MUSCOLARI
Possiamo dividere le fibre muscolari in due grandi categorie:

– FIBRE LENTE o rosse o fibre di tipo I (STF= Slow Twich Fibres);
– FIBRE VELOCI o bianche o di tipo II (FTF= Fast Twich Fibres), le quali comprendono:

fibre di tipo II a, a metabolismo misto, aerobico ed anaerobico;
fibre di tipo II b, fibre rapide per eccellenza, ad esclusivo metabolismo anaerobico.

La forza muscolare è notevolmente influenzata dalla percentuale di FTF presenti nel muscolo, in quanto esse intervengono nel sollevamento di carichi pesanti o nell’estrinsecazione di forza ad elevate velocità, attivate ad una frequenza di 60-70 hertz. Per tali motivi, volendo migliorare i livelli di forza prescindendo dall’ipertrofia, è fondamentale utilizzare metodologie di allenamento che tengano conto di quanto detto poc’anzi: quindi lavorare con dei carichi elevati (superiori all’80 % del massimale) oppure – quando si utilizzano carichi bassi (40 – 50 % del massimale) esprimere la massima velocità esecutiva, per stimolare al massimo le fibre di tipo II b.
Recenti studi, inoltre, hanno evidenziato come la percentuale di fibre veloci sia estremamente variabile da muscolo a muscolo, in quanto “i muscoli che determinano movimenti balistici e rapidi, come quelli che si trovano negli arti, posseggono un’alta percentuale di fibre veloci. In contrasto, i muscoli (molto larghi) che ricoprono il tronco ed i muscoli posturali sono caratterizzati da una percentuale alta di fibre lente” (Bosco, Viru 1996). Inoltre “in atleti praticanti discipline sportive differenti, è stata riscontrata, nei muscoli delle gambe, una percentuale di tipo di fibre completamente diverse” (Bosco, Viru 1996).

NUMERO DEI SARCOMERI
Una delle modificazioni strutturali del muscolo allenato è l’aumento del numero dei sarcomeri (unità contrattile della cellula muscolare), il quale può essere di due tipi: in parallelo, in serie (Cometti 1997). Chiaramente più unità contrattili sono presenti nel muscolo, maggiore sarà la forza che esso è in grado di sviluppare. Per contro, prolungati periodi di immobilità (per esempio un infortunio che richieda un’ingessatura) determinano una diminuzione proprio del numero di sarcomeri, con conseguente ipotrofia ed accorciamento del muscolo interessato.

FATTORI NERVOSI

Prima di parlare di fattori nervosi è opportuno ricordare brevemente che cos’è un’unità motoria, poiché è agendo su di esse che tali fattori si manifestano: per UNITA’ MOTORIA s’intende l’insieme anatomo-funzionale della fibra nervosa (motoneurone) e delle fibre muscolari da essa innervate.
I fattori relativi al sistema nervoso che influenzano le espressioni della forza muscolare sono oggetto di studi approfonditi solo da pochi anni e, di conseguenza, unicamente in tempi recenti l’allenamento della forza viene rivolto soprattutto al loro miglioramento (Cometti 1991 e 1997).
Tra i fattori nervosi limitanti l’estrinsecazione di forza muscolare è possibile distinguere:

– il RECLUTAMENTO di un determinato numero di unità motorie (legato anche alla frequenza degli impulsi nervosi);
– la SINCRONIZZAZIONE di intervento delle unità motorie;
– la COORDINAZIONE INTERMUSCOLARE.

IL RECLUTAMENTO
Per reclutamento si intende la capacità del sistema nervoso di “chiamare a raccolta” il maggior numero di unità motorie ed attivarle per compiere una contrazione muscolare; essa è in relazione con l’intensità e la frequenza degli impulsi nervosi, la quale deve superare il livello di soglia delle varie unità motorie (legge del tutto o niente).

LA SINCRONIZZAZIONE
Possiamo affermare che la sincronizzazione esprime la relazione temporale tra potenziali di azione di differenti unità motorie (Enoka 1994). Quindi, semplificando, possiamo definire la sincronizzazione come la capacità del Sistema Nervoso Centrale di “coinvolgere”, nell’unità di tempo, il maggior numero possibile di unità motorie. Nel sedentario un particolare meccanismo nervoso (il circuito di Renshaw) svolge un’azione inibitoria nei confronti della naturale sincronizzazione delle unità motorie, al fine di preservare le strutture muscolari, tendinee e legamentose da eventuali traumi derivanti da tensioni muscolari molto elevate. È attraverso l’allenamento che si sviluppa, da parte del S.N.C., la capacità di sopprimere tali stimoli inibitori: conseguentemente le unità motorie tendono a riacquistare la loro naturale sincronizzazione, determinando in tal modo un aumento della capacità di forza (Cometti 1997).

LA COORDINAZIONE INTERMUSCOLARE
Manno (1989) la definisce come “ordinamento e sincronia nell’attività di un’azione motoria ordinata nell’impegno dei diversi gruppi muscolari per l’effettiva soluzione del compito motorio”. Cometti la spiega attraverso la nozione di incremento specifico della forza muscolare: egli afferma che “un progresso nello squat non è sempre accompagnato da un miglioramento della forza del quadricipite, analizzato su una macchina apposita. Ciò significa che l’incremento di forza, in parte, è dovuto a coordinazioni inter-muscolari che sono specifiche del movimento impiegato per migliorare al forza” (Cometti, 1997).
Da ciò se ne deduce che per l’allenamento della capacità di forza muscolare è importante utilizzare esercizi specifici che abituino l’atleta ad utilizzare sinergie muscolari il più possibile simili al modello di prestazione.

FATTORI LEGATI AL PRESTIRAMENTO

Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, l’incremento di forza muscolare conseguente al prestiramento è da attribuire a due fattori (Bosco, 1985 e 2002):

– il riflesso miotatico (o riflesso da stiramento o stretch reflex) —— Reattività;
– l’elasticità muscolare.

Il primo è un fenomeno di tipo neurogeno, con coinvolgimento quindi del S.N.C.;
il secondo invece è di tipo miogeno, legato quindi alla struttura del muscolo ed alle sue caratteristiche visco-elastiche.

IL RIFLESSO MIOTATICO
E’ un dispositivo di difesa e di protezione del muscolo grazie al quale, attraverso quelle particolari strutture anatomo-funzionali denominate FUSI NEUROMUSCOLARI, in caso di eccessivo stiramento delle fibre muscolari il muscolo è indotto a contrarsi per via riflessa. In tal modo, i possibili traumi muscolari causati da stiramenti o allungamenti improvvisi od eccessivi, possono essere evitati (Bosco 1985).
Sfruttando tale meccanismo, una contrazione di tipo concentrico viene ad essere di molto potenziata dalla reazione al prestiramento che si verifica se la facciamo precedere da una contrazione di tipo eccentrico (si parla perciò di reattività). Quando i due tipi di contrazione sono strettamente connessi e ad un rapido prestiramento (contrazione eccentrica segue una contrazione volontaria (concentrica), si parla di contrazione di tipo pliometrico.

L’ELASTICITÀ MUSCOLARE
Come già accennato essa è dovuta alle caratteristiche intrinseche della struttura muscolare, in particolar modo alla componente elastica in serie del muscolo (SEC). Essa è costituita da una componente passiva (i tendini) ed una attiva (i ponti acto-miosinici). L’interazione tra queste due strutture determina l’elasticità muscolare (Bosco 1985).

CONCLUSIONI

Da quanto detto sopra possiamo estrapolare alcuni concetti fondamentali:

– i livelli di forza muscolare aumentano proporzionalmente alle dimensioni (più precisamente alla sezione traversa) del muscolo;
– affinché si determinino delle modificazioni strutturali (cioè l’ipertrofia), sono però necessarie circa 6 settimane di allenamento (Sale, 1988 in Cometti, 1997);
– l’aumento di forza che si verifica nelle prime settimane di allenamento non dipende quindi da fattori strutturali bensì da fattori nervosi: maggior numero di unità motorie reclutate, migliore sincronizzazione delle stesse e contributo sinergico di altri gruppi muscolari oltre al muscolo agonista (coordinazione intermuscolare). L’adattamento di tipo nervoso precede quello di tipo muscolare;
– la forza muscolare si esprime prevalentemente grazie alle fibre veloci (FTF o di tipo II). Per essere certi di reclutare queste fibre bisogna utilizzare carichi pesanti (molto elevati, non inferiori all’80 % del massimale);
– quando si utilizzano carichi leggeri (40 – 50 % del massimale) o si eseguono i gesti tecnici tipici della disciplina sportiva, bisogna sempre pretendere la massima velocità esecutiva, affinché vengano reclutate le unità motorie veloci;
– modalità esecutive (prestiramento, pliometria) che mirano a sfruttare l’elasticità (intrinseca nel muscolo) e la reattività (riflesso miotatico – mediato dal S.N.C.), consentono di estrinsecare livelli di forza superiori a quelli espressi con una normale contrazione concentrica volontaria;
– la forza massima influenza direttamente la forza di tipo esplosivo, motivo per cui non bisogna mai tralasciare l’allenamento per la forza massima.

Quanto sopra elencato ci consente di affermare che è possibile – ed anzi negli sport di combattimento auspicabile – allenare la forza muscolare evitando o contenendo l’aumento di peso conseguenza dell’incremento eccessivo della massa muscolare. Dal punto di vista pratico è quindi necessario privilegiare l’allenamento dei fattori nervosi (reclutamento, sincronizzazione e coordinazione intermuscolare) e di quelli legati al prestiramento (elasticità e reattività), rispetto ai fattori strutturali della forza (ipertrofia).
Per l’approfondimento degli aspetti prettamente metodologici, rimandiamo i lettori ad uno specifico lavoro successivo .

PER SAPERNE DI PIÙ

Bellotti P., Matteucci E. – Allenamento sportivo – Teoria, metodologia, pratica – UTET – Torino, 2004.

Beraldo S., Polletti C. – Il libro della preparazione fisica – Edizioni Mediterranee, Roma 1988.

Bosco C. – Elasticità muscolare e forza esplosiva nell’attività fisico-sportiva – Società Stampa Sportiva – Roma, 1985.

Bosco C. – La valutazione della forza con il test di Bosco – Società Stampa Sportiva – Roma, 1992.

Bosco C. – La forza muscolare – Aspetti fisiologici ed applicazioni pratiche – Società Stampa Sportiva – Roma 2002.

Bosco C., Viru A. – Biologia dell’allenamento – Società Stampa Sportiva – Roma, 1996.

Cometti G. – Les methodes modernes de musculation – UFR STAPS DIJON Université de Bourgogne, Digione 1988.

Cometti G. – Le basi scientifiche del potenziamento muscolare – S.d.S. Rivista di cultura sportiva n° 22 lug. set. 1991, pp. 6 – 12.

Cometti G. – Le basi scientifiche del potenziamento muscolare – S.d.S. Rivista di cultura sportiva n° 23 ott. dic. 1991, pp. 9 – 17.

Cometti G. – Metodi moderni di potenziamento muscolare – Aspetti teorici – Calzetti e Mariucci – Perugia, 1997.

Cometti G. – Metodi moderni di potenziamento muscolare – Aspetti pratici – Calzetti e Mariucci – Perugia, 1998.

Enoka R. M. – Neuromechanical Basis of Kinesiology – Human Kinetics – Champaign, 1994.

Fucci S., Benigni M., Fornasari V. – Atlante di meccanica dell’apparato motorio e neuro-muscolare applicata alla preparazione atletica – Coni Sds – EMSI – Roma, 1993.

Harre D. , Hauptmann M. – Le capacità di forza ed il loro allenamento – S.d.S. Rivista di cultura sportiva n° 3 lug. set. 1984, pp. 26 – 33.

Hatfield F. C. – Body Building un approccio scientifico – Edizioni Club Leonardo – Milano, 1988.

Hauptmann M. , Harre D. – L’allenamento della forza massima – S.d.S. Rivista di cultura sportiva n° 3 – 4 dic. 1985 mar. 1986, pp. 23 – 29.

Manno R. – L’allenamento della forza – Società stampa sportiva – Roma, 1988.

Manno R. – Fondamenti dell’allenamento sportivo – Zanichelli – Bologna, 1991.

Manoni A. – Biomeccanica e divisione strutturale della ginnastica artistica – Società stampa sportiva Roma, 1982.

Solveborn Sven A. – Questo è lo stretching – Hermes Edizioni – Roma, 1988.

Vittori C. – Le gare di velocità – FIDAL Centro Studi e Ricerche – Roma, 1995

Wirhed R. – Abilità atletica e anatomia del movimento – Edi – Ermes – Milano, 1986.

Di Massimo

Un pensiero su “FPS: IL PROBLEMA DEL PESO”
  1. Ho trovato molto interessante l’articolo.
    Proprio in questi giorni avevo cominciato un allenamento su panca, ma non sapevo come gestire il lavoro.. L’articolo del dr Cignitti è caduto a fagiolo!

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