di Giuliano Orlando
L’ingresso dei pugili professionisti ai Giochi resta un evento che ha fatto e fa ancora discutere. L’AIBA l’ha sostenuto con vigore, forse troppo, tanto che ha cambiato radicalmente i dettagli lungo il percorso. Consapevole che l’APB non ha dato i risultati sperati. La svolta ufficiale il primo giugno a Losanna, dando via libera a tutti i “prixe-fighter”, aprendo a tutte le sigle, in precedenza off-limits, prendendo tutti in contropiede, senza però ottenere il risultato auspicato. Ovvero l’adesione dei campioni del professionismo.
Spiace doverlo dire, ma l’ultimo torneo di boxe dove si assegnano i restanti 26 pass per Rio – il via oggi a Vargas in Venezuela – ventilato come la vetrina dei prof, desiderosi di prendere parte ai Giochi, è stato un doloroso e clamoroso floppy. Oltre all’esigue numero di partecipanti (79) e nazioni presenti (40), nella lista degli iscritti nessuno dei campioni attesi si è presentato, non solo Pacquiao o Klischko, che sapevano di operazione pubblicitaria, ma neppure il pakistano-inglese Amir Khan che si era sprecato in elogi, per non parlare di tanti altri nomi che l’AIBA aveva fatto circolare. In realtà la manifestazione è diventata un vero e proprio esame di riparazione dei bocciati alle qualificazioni continentali e del torneo di Baku in Azerbajan, appena concluso che aveva dato i ticket ai dilettanti, che sono stati le vere vittime di un regolamento che ha premiato in eccesso gli iscritti all’APB, la sigla dei professionisti AIBA, rivelatasi operazione sbagliata nei tempi e dei partecipanti. In un certo senso, a Vargas saranno proprio i dilettanti ad averne i benefici, visti i pochissimi pro presenti. Non solo, il torneo in questione stride con quello di Baku, dove hanno preso parte 92 nazioni e 375 pugili, per 39 pass, il 10% contro il 33% dei premiati a Vargas. Troppo evidente l’errore e quindi la strategia del presidente WU, che dovrà rivedere e non di poco il programma per Tokyo 2020. In Venezuela sono iscritti l’80% dei bocciati nei tornei di qualificazione e la conferma di una qualità modesta dei presenti. Citando a caso, il +91 cinese Mu, battuto dal nostro Vianello, idem col russo Omarov, eliminato agli europei 2015, prova a colmare l’unica casella vuota della Russia. Dei 79 presenti, una sessantina sono dilettanti che tentano l’ultimo aggancio per Rio, smentendo di fatto un torneo nato per i professionisti. Rappresentato non certo al meglio. Il thailandese Ruenroeng, 36 anni, ex iridato mosca, scalzato dal filippino Casimero per ko. che si presenta nei leggeri! Il bulgaro Genov, 35 anni, attivo in Germania e con l’APB, modestissimo mediomassimo. Il medio Hassan N’Jikam, nazionalizzato francese, che tenta l’avventura olimpica col paese di nascita, il Cameron. Gli altri professionisti sono decisamente modesti. Alcune nazioni cercano di trovare i pass mancati in precedenza, tra le quali l’Ucraina, la più delusa con un solo promosso, che porta in Venezuela ben 8 pugili, la Germania è presente con quattro come gli USA, tre la Turchia, l’India, l’Ecuador e l’Italia sul ring col gallo D’Andrea, il leggero Tommasone e il superleggero Ballisai, guidati da Musone, consigliere federale, antico bronzo olimpico a Los Angele ’84 e dal tecnico Gianfranco Rosi. Chi ha chiesto perché non siano stati preferiti Picardi, Valentino e Vangeli, spieghiamo che il primo e il terzo non potevano prendere parte al torneo, mentre Valentino negli allenamenti è parso sottotono.
La distonia evidente è che a Vargas, in diverse categorie con due o tre match vinti si va a Rio, mentre a Baku ce ne volevano almeno cinque. A Baku erano presenti da un minimo di 22 nei minimosca, fino a 50 nei medi, mentre a Vargas la categoria più popolata è quella degli 81 kg. con 13 iscritti, sotto le 10 le altre. Una vera tristezza. Sperando che l’AIBA capisca che la strada attuale è decisamente sbagliata.