di Giuliano Orlando
MILANO. Anche se in numero contingentato, è tornato il pubblico sugli spalti dell’Allianz Cloud di Milano, diciamo oltre un migliaio di presenze, dopo un silenzio che durava dal 25 ottobre 2019, ovvero quasi due anni. Una buona risposta, considerata la situazione e una promozione abbastanza limitata. Una grande differenza tra gli spalti vuoti come fossimo in una sala operatoria, dove regna il silenzio e rende l’atmosfera asettica e la presenza del pubblico, il ricostituente ideale che produce partecipazione ed emozione. La OPI Since 82 e la Granosalis con Matchroom DAZN hanno fatto le cose in grande, ovvero spettacolo con illuminazione multicolorata e scenografia all’americana, intervistatori a non finire, sorveglianza a tutto campo per far rispettare l’obbligo delle mascherine sia al pubblico che agli addetti ai lavori. Festival di colori con i braccialetti che delimitavano i settori di pertinenza. Numerosi ex campioni, tra i quali l’ex europeo e sfidante al mondiale massimi, Lorenzo Zanon che risiede da anni in Brasile, Sfefano Zoff altro ex europeo e mondiale, presente Maxim Prodan reduce dall’ottima a Londra contro Florian Marku al quale i giudici inglesi hanno regalato una vittoria immeritata. L’ucraino merita una rivincita a tempi brevi. La famiglia Cherchi, da papà Salvatore ai figli Christian e Alessandro in queste occasioni fa jogging a tempo pieno, percorrendo km. lungo la struttura nei più svariati compiti. Mentre mister Eddie Hearn in maglietta da atleta, risponde a tutti col sorriso stampato sul viso. L’ultimo appuntamento della OPI 82 e Matchroom Italy col pubblico come detto in apertura, risaliva alla serata di fine ottobre 2019, imperniata alla sfida tra Scardina e l’ostico belga Achergui, per l’Internazionale IBF supermedi, l’europeo di Patera nei leggeri, difeso contro Valentino che avrebbe meritato almeno il pari, Samuel Nmomah e Nicholas Esposito. Che hanno fatto parte della locandina del primo ottobre, col ritorno (parziale) del pubblico. Nel frattempo la sigla dei Cherchi non si è certo trastullata facendo muovere i pollici. Ha proseguito l’attività sia minore che di alto livello. Ha organizzato quattro riunioni di qualità a Milano, due nel 2020 e altrettante nella prima parte del 2021. L’ultima il 16 aprile, imperniata sul confronto tra Fabio Turchi e il francese Dylan Bregeon, in palio la vacante cintura dell’Unione Europea cruiser. Conquistata dal pugile fiorentino contro un avversario per nulla facile. Recentemente l’EBU lo ha designato sfidante ufficiale all’europeo maggiore e tornerà sul ring a dicembre sui dieci round, in attesa di tentare l’assalto continentale. La riapertura al pubblico ha segnato il ritorno di Daniele Scardina (20), nel ruolo di protagonista, come ormai avviene dal 2019, esattamente l’8 marzo al Superstudio, quando conquistò il vacante Internazionale IBF supermedi a spese del finlandese Henri Kekalainen, battuto nettamente ai punti. Seguirono altre quattro presenze, contro Alessandro Goddi (28 giugno 2019), il belga Ilias Achergui (25 ottobre 2019) e lo spagnolo Cesar Nunez (26 febbraio 2021) contro il quale conquistò la cintura dell’Unione Europea. Un ruolo importante, oltre alla capacità come nessun altro di catalizzare l’interesse del mondo dello spettacolo e quello dello sport, in particolare sulla sponda del Milan, col presidente Paolo Scaroni assieme a molti giocatori rossoneri presenti alla serata. Non solo, personaggi della musica pank e rock, Marcell Jacobs l’oro olimpico dei 100 metri e delle 4×100. Nessun pugile ha questo richiamo, che ricorda i tempi di Dulio Loi, anche se tra i due la differenza tecnica al momento è abissale. Mica male per un ragazzo nato nella periferia meridionale di Milano, cresciuto nella palestra Domino, quartiere Gratosoglio zona Sud della città, ospitata al Centro Sportivo di Via dei Missaglia, diretta dal maestro Pino Caputo, che lo ha fatto crescere da novizio a dilettante fino a raggiungere la maglia azzurra. Passato professionista nel 2015, disputa i primi cinque incontri a Santo Domingo equivalenti ad altrettanti KO. Pur non essendo un picchiatore puro, fa della precisione l’arma in più, che gli consente di ottenere 15 successi prima del limite su 19 vittorie, sfiorando l’80%, quota molto alta. Fino al 2017, ha alternato varie sedi di combattimento: S. Domingo, Haiti e USA dove ha preso residenza in quel di Miami Beach in Florida, allenandosi alla Fifth Gym Street preparato dal tecnico Dino Spencer che lo segue dal passaggio nei pro. Come avviene da tempo, si è preparato a Miami e alla vigilia assicurava di aver raggiunto una condizione ottimale. Sul ring questa sicurezza è mancata, anche se il risultato lo ha visto vincitore di Juergen Doberstein (26-5-1), 32 anni, nato in Kazakistan, famiglia trasferitasi in Germania, quando Juergen aveva nove anni. è cresciuto con la nuova nazionalità. Passato professionista nel 2008 a 19 anni, ha combattuto quasi sempre in Germania. Prima di quella a Milano, nelle cinque precedenti trasferte era sempre uscito vincitore. Nel 2008 in Austria e Russia, nel 2011 in Svizzera, nel 2018 in Messico e negli USA a Palm Beach in Florida, dove ha battuto l’argentino Martin Fidel Rios per split decision. In carriera aveva subito solo 4 sconfitte, la prima a sorpresa contro il crotonese Stefano Loriga nel 2013, che lo tenne in scacco con i colpi lunghi, la seconda nel 2015 di fronte al connazionale Cagris Ermis, in palio le cinture IBF del Mediterraneo e dell’Europa dell’Est. La terza nel 2016 a Saarbrucken, contro il veterano nato in Kosovo, Robin Krasniqi che sia pure di misura fece valere mestiere e abilità, sfilandogli la cintura Intercontinentale WBO conquistata l’anno prima a spese dell’argentino Ruben Eduardo Acosta nella stessa città. La quarta il 21 dicembre 2019 ad Amburgo, contro il mancino ex iridato Jurgen Braehmer (52-3), 42 anni, una delle glorie tedesche, attivo dal 1999, ottimo anche da dilettante, che ha concluso l’ultraventennale carriera, spedendo KO Doberstein alla settima ripresa. Dopo quella sconfitta è rimasto fermo 10 mesi, tornando a combattere il 16 ottobre 2020 a Karsruhe nella Saar, dove risiede. Ha battuto sui sei round il modesto Roman Hardok (7-3) sui sei round. All’Allianz ha retto quattro round, confermandosi pugile tignoso anche se modesto, tenendo botta nei primi due round, per spegnersi progressivamente fino alla resa una volta conclusa la quarta tornata. Avvisando l’angolo di averne abbastanza. Una vittoria per abbandono vale pur sempre qualcosa, ma a giudizio personale, la prova di Scardina è stata poco convincente. Ha preso colpi che poteva evitare, non ha mai attuato la giusta contraria e posto interrogativi sul futuro ad alto livello. Il suo maestro Pino Caputo con coraggio e sincerità valuta la prova del suo allievo: “Direi una bugia affermando che ha disputato un match perfetto. Il tedesco si muoveva per il ring, ma in questi casi devi tagliargli la strada non inseguirlo, lui si piegava per difendersi e Daniele doveva usare il montante. Era troppo rigido e solo nella terza ripresa ha preso in mano il match, ma non era certo il miglior Scardina. Certe carenze debbono essere migliorate lavorando duramente in palestra. Ripetere centinaia di volte i movimenti che gli sono mancati, fino a farli diventare usuali. Solo così migliori. I guanti vanno bene, ma servono per raggiungere la condizione non eliminare i difetti”
Daniele ha iniziato la preparazione vera a Miami solo ad agosto, dopo un lungo periodo in Italia, curando le pubbliche relazioni e non solo. Sicuramente ha pagato la lontananza dal combattimento (sette mesi), ma a maggior ragione avrebbe dovuto allenarsi più a lungo, consapevole del ruolo che ha in chiave pugilistica.
I Cherchi e la Matchroom, hanno progetti importanti per il campione Intercontinentale WBO, ma il salto di qualità comporta anche più rischi, alzandosi il livello degli avversari. “Daniele conosce benissimo la situazione e valutare se intende sacrificarsi al 100% per la sua professione e il futuro, oppure vivacchiare sul ring. Contro Doberstein, non ha certo entusiasmato e molto subito, come è apparso dal viso segnato”. Da persona intelligente, sono sicuro che Daniele la prossima volta, prevista ai primi dell’anno prossimo, dimostrerà di aver capito la lezione, non facendo solo i guanti, ma sudando per imparare come tagliare la strada agli avversari e usare il montante a dovere.
In apertura ha debuttato in Italia l’imbattuto Reshat Mati (11) 23 anni, pro dal 2018, nato a New York da famiglia albanese. Otto round a senso unico contro l’ucraino Vladyslav Baranov (7-11-2), 26 anni, pro dal 2015, collaudatore con la valigia sempre pronta. Dopo i primi match in Ucraina, si è esibito in Kazakistan, Sud Africa, Russia, Lettonia, Bielorussia, Germania e Spagna. Inedito in Italia ha subito parecchio ma non è mai stato in pericolo anche se Mati lo ha colpito preciso parecchie volte. Tecnicamente l’americano ha ottime basi, vasto repertorio di colpi, mobilissimo e abile anche in difesa, Purtroppo non la potenza indispensabile in una categoria come i welter dove si picchia duro.
Con piacere, ammetto di essermi sbagliato quando ho scritto che La Femina (10), 7 anni, rischiava e non poco contro Olexandr Yegorov (20-7-1), campione nazionale, due sfide europee e campione continentale WBA. Il supergallo salernitano ha letteralmente stritolato l’ucraino, che nella lunga carriera non aveva mai subito come è successo a Milano. La Femina è un fenomeno? Nessuno lo ha detto, ma sicuramente nella sua categoria è il pugile più dotato. Ha dimostrato grande personalità e boxe spettacolare, tanto da costringere Yegorov ad abbandonare alla fine del quinto tempo, saturo di pugni e che l’arbitro avrebbe dovuto fermare prima.
Promosso anche il superwelter Samuel Nmomah (16), nato a Lagos in Nigeria il 24 febbraio 1997, residente a Novara dai tempi della scuola, cresciuto assieme al gemello Joshua dal maestro Marco Crestani che li ha curati come un padre. Pro nel 2016, pur imbattuto non aveva mai convinto del tutto. L’esame contro Craig O’Brien (12-3) campione d’Irlanda, doveva rispondere agli interrogativi. La sfida è finita a metà del quarto round, quando dall’angolo di O’Brien è volato l’asciugamano in segno di resa. Fino a quel momento la situazione era in equilibrio, anche se Samuel iniziava a prendere in mano l’incontro. Alla quarta tornata, Samuel ha sentito bruciare la pelle su un bel destro del rivale e ha risposto all’offesa tirando fuori quella potenza che tiene troppo in serbo. L’irlandese sotto quel fuoco non trovava il tempo della replica e continuava a subire. Franco Cherchi il suo maestro alla Opi, spiega l’episodio: “Dall’angolo dell’irlandese sono stati intelligenti, evitando una punizione inutile. Samuel era scatenato e la sua tranche offensiva poteva causare guai al rivale, non dimenticando che suo destro è carico di potenza. Purtroppo lo usa poco. Adesso spero abbia capito che il senso di conservazione va bene, ma senza esagerare”.
La superleggera inglese Sandy Ryan (2), 28 anni, atleta di punta tra le dilettanti ha risolto la sfida contro la montenegrina Aleksandra Vujovic (4-15-2), 29 anni, residente a Belgrado in Serbia, con due precisi e micidiali montanti al fegato al quarto tempo, costati prima un conteggio e poi il definitivo KO.
Come da copione, la sfida tra l’ex campione d’Europa Francesco Patera (24-3) belga con genitori italiani, legato alla OPI e Devis Boschiero (48-7-2), allievo di Gino Freo, in palio il titolo intercontinentale WBO leggeri, andato in porto dopo diversi rinvii, era iniziata alla grande. Il veneto aveva iniziato senza fasi di studio, passando sotto il sinistro di Patera, che inizialmente doveva subire i colpi al bersaglio grosso. Ci volevano quasi due round, per prendere le contromisure. Ovvero, usare i montanti e anche il sinistro. Uno di questi strisciato, feriva Boschiero all’occhio destro. Nel round successivo il taglio si allargava e il medico riteneva necessario lo stop. Il verdetto premiava Patera che conquistava il vacante Internazionale WBO e puniva Boschiero. Un vero peccato che la montagna abbia partorito il classico topolino, perché l’avvio prometteva una bella battaglia. A questo punto giustamente Boschiero merita la rivincita. Se avrà deciso di continuare, visto che ha raggiunto i 40 anni.
Dopo aver conquistato la cintura tricolore dei welter, al termine di una dura battaglia, spodestando Tobia Loriga (33-9-3), lo scorso 26 febbraio, Nicholas Esposito (15) deve sudare le proverbiali sette camicie per respingere Emanuele Cavallucci (12-4-1) chietino di 32 anni, presentatosi in ottima condizione. Le due precedenti sconfitte in Belgio e Finlandia erano da imputare al fattore ring di casa e non alla superiorità degli avversari. Match di grande intensità, con lo sfidante che parte a mille, offrendo il meglio del suo repertorio di ottima qualità: movimento sulle gambe e sul tronco, varietà di colpi e scelta di tempo da campione. Esposito ha dovuto limitarsi alla difesa e solo nel terzo round ha iniziato la rimonta. D’altronde, se Cavallucci avesse tenuto il ritmo offensivo dell’inizio eravamo di fronte ad un supercampione. Infatti, pur offrendo repliche di qualità, sul lungo percorso ha dovuto lasciare strada all’offensiva di Esposito, un diesel del ring, che ha sempre marciato in avanti e ha giustamente vinto. I giudici unanimi nel vincitore, hanno fatto a pugni nella valutazione. Oltre ad un giusto 97-93, ci sono un 96-94 e un 98-92 inesistente. Esposito aveva detto alla vigilia che questa sfida doveva convincere la OPI 82 a farlo combattere per una cintura superiore. Ecco cosa ha risposto Alessandro Cherchi: “Non è concepibile che per vincere Nicholas, debba pagare un prezzo altissimo. Prende troppi colpi, avanza senza schivare e ripete lo stesso tema offensivo. Così dura poco. La nostra palestra è aperta e Franco Cherchi è in grado di migliorarlo e non poco. Dico questo perché ammiro la volontà del pugile, ma valuto anche il resto”.
La Matchroom Italy dei Cherchi tornerà a Milano e dintorni a fine dicembre e primi gennaio 2022. Nel frattempo metterà sul ring diversi suoi pugili a Roma. Il 16 ottobre al Palazzetto romano, per l’organizzazione di Bellusci, combatteranno il medio Giovanni Sarchioto (1) e il mediomassimo Oronzo Birardi (1) due concrete speranze, vista la qualità e la giovane età. Ancora nella capitale il 5 novembre con l’europeo medi di Matteo Signani contro lo spagnolo Ruben Diaz, sul ring i romani Mirko Natalizi e Mauro Forte contro i quali si ipotizzano i nomi di Dario Morello e Francesco Grandelli, con cinture in palio. Così fosse, si tratta di sfide da scintille. Probabile Fabio Turchi, sui 10 round, in attesa di battersi per l’europeo cruiser contro il britannico Chris Billam Smith campione in carica. Prevista una serata a Cinisello Balsamo col lancio di giovani.