di Giuliano Orlando

Il dialetto piemontese per raccontare il grande Torino, un dovere culturale.

Vittoria Minetti, Flavio Pieranni – Ondes Grand contra tuti. Le scudèt del Tor del 1975-76 – Bradipolibri editore – Pag. 160 – Euro 15.00.

La passione per mantenere viva la lingua piemontese, diventa un dovere culturale, che la traduttrice definisce un parlare colmo di saggezza, un tramite naturale per mantenere le buone abitudini del passato e quel rispetto verso gli altri, mentre l’autore rafforza la sua versatilità in questo lavoro, comunque in chiave granata, come la sua fede calcistica. Dopo la dotta prefazione l’avvio del libro non poteva che partire da Orfeo, che per il “Toro” è un nome verso il quale devi toglierti il cappello se lo porti, diversamente fare l’inchino. Uno che si era fatto da solo, partendo dalla natia Mantova o meglio da uno paesino di quella provincia per andare alla conquista della grande città: la regal Torino, nell’immediato dopoguerra. Con l’amico Domenico mette su “la ditta” di impianti elettrici ed è la loro fortuna. Lavorano come fanno adesso i cinesi, 25 ore al giorno e si ingrandiscono al punto di diventare una potenza del settore: Escono dai confini nazionali e l’Orfeo Pianelli, in fatto di simpatie calcistiche è più orientato sul fronte granata al punto che lo acquista. Da quel momento la società cambia radicalmente e Pianelli diventa un padre-padrone di grande intuito. Taglia i rami secchi, fa ricrescere quelli che erano tenuti ingiustamente nell’angolo e anno dopo anno il Torino cresce in tutti i sensi. Al punto di essere indicata la società ideale nella conduzione sia amministrativa che tecnica. Come un segugio da tartufi, l’Orfeo sa trovare l’uomo giusto al posto giusto. In particolare sceglie Beppe Bonetto, capace di gestire al meglio non solo la parte amministrativa, ma soprattutto sapersi districare in quella giungla del “mercato” dove si vendevano o acquistavano i giocatori, oltre che nella cognizione dei regolamenti. La crescita del Torino è inarrestabile, come l’acquisto di vere star a cominciare da Gigi Meroni e di Claudio Sala, due funamboli dai piedi magici. Orfeo aveva il vantaggio di pagare con moneta sonante e non assegni spesso a vuoto. Non solo, l’Orfeo pensa anche al futuro e chiama Ercole Rabitti, insegnante di calcio strappandolo ai cugini della Juve. A proposito della Juventus, Pianelli aveva parecchi conti in sospeso, nello scontro diretto spesso il Toro la spuntava, ma alla fine lo scudetto finiva sempre alla “gobba”. In particolare nella stagione in cui la Juve precedette i granata di un punto, col rimpianto di aver perduto due sfide importanti e in modo immeritato. Contro la Sampdoria a Genova e a Milano contro i rossoneri, partite nelle quali gli arbitri annullarono due gol validissimi, che avrebbero assicurato lo scudetto al Torino!  Ma le sconfitte aiutano a crescere e Orfeo ben conosceva quel vecchio proverbio e nella fatidica stagione 1975-76 fece tornare tutti i conti in sospeso. In verità la squadra non era rimasta all’asciutto, aveva conquistato due Coppe Italia, ma ci voleva assolutamente la ciliegina sulla torta: lo scudetto. Tra l’altro in quel periodo il Torino era in fase di ristrutturazione, con la cessione di giocatori che per lunghe stagioni erano stati l’ossatura della squadra. Non solo, Pianelli per carattere non avrebbe ceduto neppure le scarpe vecchie, figuriamoci i giocatori. Gli piangeva il cuore ma dovette adattarsi e fu la sua fortuna. Così arrivarono baldi giovanotti, qualche “usato sicuro”, ma soprattutto un allenatore giovane, ambizioso e bravo: Gigi Radice, un passato da calciatore di tutto rispetto. Carriera in rossonero, nel suo curriculum scudetti e Coppa Campioni, azzurro ai mondiali del Cile. Biondo come un tedesco, occhi chiari di ghiaccio, grande carisma e motivatore eccezionale. Il suo modulo era il calcio totale, tutti all’attacco e tutti in difesa. Pianelli completò il piano acquistando quello che mancava e il Torino vinse lo scudetto. Come ci riuscì? A questo punto tocca al lettore godersi il resto del libro. E vi assicuro che ne vale l’acquisto. Con un occhio particolare al testo in piemontese, una leccornia che fa diventare il libro un gioiellino imperdibile.                                                                                                                                

 

Di Alfredo

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