Venerdì 28 ottobre, presso il Pala Atlantico di Roma, esordirà per la prima volta da professionista sul suolo
italiano: Guido “The Gladiator” Vianello (9-0-1, 9KO), il peso massimo numero 1 in Italia in forza alla
promotion Top Rank di Bob Arum, è pronto a competere nella Capitale, la sua città, in uno show organizzato
da OPI Since 82 e Top Rank. Affronterà lo scozzese Jay McFarlane (13-6-0, 5KO) in un contest internazionale
sulla lunghezza delle otto riprese.
Ha combattuto in undercard di livello assoluto, il suo primo match è andato in scena al Madison Square
Garden nel sottoclou di Lomachenko vs Pedraza. Abel Sanchez, lo storico trainer di Golovkin, è stato al suo
angolo per i primi quattro incontri. Ha partecipato a ben tre training camp di Tyson Fury, campione del
mondo WBC dei pesi massimi. Si è confrontato con i migliori pesi massimi in circolazione con sparring
durissimi. Dopo quattro anni negli USA, Guido Vianello è pronto a tornare in Italia, per portare l’American
Dream nella nazione che lo ha lanciato sul quadrato.

Come stai? Come sta andando la preparazione in training camp?
“Sto bene, mi sento bene. Sono a Londra da qualche settimana per ultimare la preparazione del mio match
contro McFarlane. Non è un pugile estremamente conosciuto né con un curriculum importante, ma lo
affronto come se fosse un campione del mondo. Avrei potuto restare a Roma, ma ormai sono quattro anni
che mi preparo staccandomi dall’Italia, dividendomi tra Stati Uniti e Londra. Quando vai fuori fai il pugilato
vero. Affacciarsi in Inghilterra è il minimo. Tutti i pugili italiani dovrebbero sacrificarsi per andare all’estero in
preparazione.”

Che differenze trovi nella preparazione tra Italia e USA, in termini generali?
“Già la mia categoria di peso è una vittima, in Italia ci sono pochi pesi massimi e non del livello di sparring
partner che posso avere in Inghilterra o America. In più è anche l’adattamento mentale. In palestra, fuori, si
gioca poco. È un lavoro. È un posto dove non si scherza, la palestra. Da noi, forse per la mancanza di economie
di scala, i pugili professionisti percepiscono più la boxe come uno sfogo che come un obiettivo lavorativo.
Anche l’adattamento mentale cambia tutto, lo sparring è veramente duro qui”.

Cosa ti affascina di questo primo match da professionista in Italia?
“È molto strano. Grazie alla Top Rank ho rotto il ghiaccio nelle arene migliori del mondo. Ho esordito al
Madison, ho combattuto all’MGM, alla T-Mobile. Mi sento a casa lì. Ora è il rovescio della medaglia: devo
combattere a casa mia ma da pro non l’ho mai fatto! Sarà diverso. Però c’è la mia gente. Sono stimoli diversi.
Uscire dalla zona comfort è la base per uno sportivo e combattere qui in parte lo è, perché sì rientro in Italia
a casa mia ma comunque è sempre un esordio. È un nuovo adattamento. Sono molto contento perché tutti
quelli che vogliono vedermi potranno vedermi. Sono contento e rilassato”.

Conosci McFarlane? Hai visto qualche suo incontro? Che opinione hai di lui?

“Avversario scomodo, che porta colpi larghi, abbiamo preso sparring partner scorbutici, che lavorano di colpi
larghi e grintosi, quasi da rissa da bar mi verrebbe da dire. Il mio team lo sta studiando bene. Ho visto degli
highlights e ho visto sia punti deboli ma anche cose buone. Non lo sto studiando in maniera maniacale, ma è
importante sapere chi hai davanti, portare combinazioni in allenamento che possano essere tarate
sull’avversario. Poi ogni match è a sé, certamente.”

Nonostante una rapidità d’esecuzione molto elevata per la tua categoria, riesci ad avere una percentuale
di KO praticamente perfetta. C’è un segreto particolare, dietro questa tua skill?
“Ho fatto molti sport perché la mia famiglia ha una grande tradizione sportiva, tennistica soprattutto. Penso
di essere poliedrico, è una dote mia. Ma poi ho avuto la fortuna di lavorare come sparring partner di Tyson
Fury e lui vince soprattutto di tecnica e velocità. Per me è il più forte al mondo. Anche Usyk è così. La cosa
che conta di più nei massimi, oggi, è la velocità. Faccio un grande carico di pesi nella preparazione iniziale,
per poi alleggerire e lavorare solo di rapidità, negli sparring e nelle figure. Se hai rapidità hai il match in mano
e inoltre ho perfezionato la difesa, la mobilità. È importante non prendere colpi superflui, nella mia
categoria”.

Sei un pugile molto particolare, anche fuori dal ring. Suoni il pianoforte, ascolti la musica classica, vieni da
una famiglia tutto sommato agiata. Qual è la motivazione che ti ha spinto a crederci sempre, in questo
sport così bello e così difficile?
“La boxe spesso viene fraintesa. Non è uno sport violento da disagiati del ghetto. La violenza è imporre la
propria volontà con la forza, fisica o verbale, su una persona indifesa che non accetta lo scambio. Nella boxe
c’è una reciproca accettazione. Tutti possono fare boxe, ma c’è un fattore fondamentale: è uno sport di fatica
e di contatto duro. Se non accetti il dolore dei colpi, non puoi farlo. Io nei primi sparring quando prendevo
un colpo poi volevo restituirne altri venti. Qui capisci se puoi fare il pugile. Devi avere questa grinta. Io arrivo
in preparazione che ho dolori in ogni parte del corpo, che devo spremermi tutto dalla testa ai piedi, che devo
immergermi nel ghiaccio per trovare sollievo. Ma si tratta semplicemente di sopportare. La vita è fatta di
scelte. Se scegli questo percorso, sai quello che devi affrontare”.

Mi sembra che tu sia per un resiliente ragionato, riflessivo, non istintivo, come un animale che per istinto
va a caccia Tu vai a caccia, ma lo fai perché sai che ti serve, perché ne comprendi l’importanza.
“Ho avuto bei maestri di vita. Il primo che mi ha fatto allenare duramente è stato Vasily Limonov della
nazionale. Ma il maestro della resilienza è stato Abel Sanchez. Ho vissuto sei mesi a Big Bear Lake, sotto l’ala
del coach di Golovkin. Ero l’ultimo degli ultimi su una montagna in California da che ero un novello Ercole in
Italia. Non ci potevamo nemmeno sedere in palestra. Lì ho capito perché esiste Golovkin, perché esistono
alcuni pugili che sembrano alieni. Devi de-umanizzarti, a un certo punto, nella boxe Lì poi era troppo estremo
anche da un punto di vista sanitario: non c’era fisioterapia, non c’erano massaggi, niente. Solo ghiaccio e
materassi duri. Io ci tengo alla mia longevità, voglio professionisti, quindi ho cambiato allenatore per questo,
ma la sua filosofia di duro lavoro la sposo a pieno, è la base di questo sport”

Hai detto che nel 2023 vorresti salire di livello. Significherebbe, quindi, un match sulle 10 riprese? O
addirittura un titolo?
“Io mi sto preparando con un solo obiettivo: arrivare al titolo più importante di sempre. Tutte le preparazioni,
tutte le spese economiche, sono investimenti per costruire e costruirmi. Se si rimane fermi ad allenarsi sotto
casa non si può arrivare a disputare certi titoli. Ambisco al massimo: non posso fare altro”.

La manifestazione del 28 ottobre sarà trasmessa in diretta streaming gratuita su Mola per Italia e Regno
Unito. Basta scaricare l’applicazione e registrarsi sulla piattaforma. Negli USA la diretta sarà proposta da
ESPN+. I biglietti sono in vendita su Boxol.it con tre fasce di prezzo: 70,00€ per l’area VIP, 50,00€ parterre
numerato, 30,00€ balconata non numerata.

 

Di Alfredo